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“Caf
Ugl...servizi di qualità" è il nuovo slogan che, da oggi, ci
identificherà nell'ambito di un progetto finalizzato a rendere sempre
più efficiente e competitivo il nostro operato. Si tratta di un
intervento a 360° gradi, in cui gli operatori potranno utilizzare i
nostri servizi in modo autonomo e immediato. Il servizio di assistenza
telematica è stato implementato con l'attivazione di un numero dedicato
all'ascolto delle esigenze degli utenti. Ci proponiamo inoltre di
migliorare ed implementare i servizi resi dal sito con le notizie "in
evidenza", che diventeranno un punto di riferimento per chiunque voglia
aggiornarsi sulle novità che concernono il fisco.
Alcuni
dei
servizi che svolgiamo presso questo Sindacato:
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Modello 730 |
F 23 |
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Unico PF |
F 24 |
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ISEE |
CONTRATTI COLF
E BADANTI |
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RED |
DESTINAZIONE
DEL T.F.R. |
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IMU |
DETRAZIONI
INPS E INPDAP |
|
|
CONTRATTI DI
LOCAZIONE |
RAVVEDIMENTI
OPEROSI |
|
|
CEDOLARE SECCA |
DETRAZIONI
FISCALI DEL 36% E 55% |
|
|
SUCCESSIONI |
... e molto
altro ancora |
|
Il modello 730
Il 730 è il modello per la dichiarazione dei redditi dedicato ai lavoratori
dipendenti e pensionati. Utilizzare il modello 730 presenta alcuni vantaggi:
- è semplice da compilare e non richiede l’esecuzione di calcoli
- il contribuente non deve trasmetterlo personalmente all’Agenzia delle
Entrate perché a questo adempimento ci pensano, a seconda dei casi, il
datore di lavoro o l’ente pensionistico o l’intermediario abilitato (Caf e
iscritti agli albi dei dottori commercialisti ed esperti contabili e dei
consulenti del lavoro)
- il rimborso dell’imposta arriva direttamente in busta paga (luglio) o con
la rata della pensione (agosto o settembre)
se dall’elaborazione del 730 emerge un saldo a debito, invece, le somme
vengono trattenute direttamente in busta paga (luglio) o dalla pensione
(agosto o settembre).
Se lo stipendio o la pensione sono insufficienti per il pagamento di quanto
dovuto, la parte residua, maggiorata degli interessi mensili (0,40%), viene
trattenuta dalle competenze dei mesi successivi.
Il contribuente può anche chiedere di rateizzare in più mesi le trattenute,
indicandolo nella dichiarazione; per la rateizzazione sono dovuti gli
interessi nella misura dello 0,33% mensile.
Il modello 730 può essere utilizzato per dichiarare le seguenti tipologie di
reddito:
- redditi di lavoro dipendente
- redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (per esempio, i redditi
percepiti dai co.co.co e dai lavoratori a progetto)
- redditi dei terreni e dei fabbricati
- redditi di capitale
- redditi di lavoro autonomo per i quali non è richiesta la partita Iva (per
esempio, i redditi derivanti dallo sfruttamento economico di opere
dell’ingegno)
- alcuni dei redditi diversi (per esempio, i redditi di terreni e fabbricati
situati all’estero)
- alcuni dei redditi assoggettabili a tassazione separata (per esempio, i
redditi percepiti dagli eredi e dai legatari).
Casi particolari
I lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato per un periodo
inferiore all’anno possono rivolgersi:
al sostituto d’imposta, se il rapporto di lavoro dura almeno dal mese di
aprile al mese di luglio dell’anno di presentazione
a un Centro di assistenza fiscale per lavoratori dipendenti (Caf-dipendenti)
o a un professionista abilitato se il rapporto lavorativo dura almeno dal
mese di giugno al mese di luglio dell’anno di presentazione e si conoscono i
dati del datore di lavoro che dovrà effettuare il conguaglio.
Il personale della scuola con contratto di lavoro a tempo determinato può
rivolgersi all’istituto scolastico oppure a un Caf-dipendenti o a un
professionista abilitato, se il contratto dura almeno dal mese di settembre
dell’anno oggetto di dichiarazione al mese di giugno dell’anno di
presentazione.
Invece, i soggetti che nell’anno di presentazione posseggono soltanto
redditi di collaborazione coordinata e continuativa almeno nel periodo
compreso tra il mese di giugno e il mese di luglio dello stesso anno e
conoscono i dati del sostituto che dovrà effettuare il conguaglio, possono
presentare il modello 730 a un Caf-dipendenti o a un professionista
abilitato.
I soggetti che devono presentare la dichiarazione per conto delle persone
incapaci, compresi i minori che sono tenuti a presentarla, possono
utilizzare il modello 730.
Dichiarazione congiunta
Quando entrambi i coniugi possono autonomamente avvalersi dell’assistenza
fiscale, il modello 730 può essere presentato in forma congiunta al datore
di lavoro o ente pensionistico di uno dei due coniugi oppure a un Caf o a un
professionista abilitato.
La presentazione congiunta del modello 730 è possibile anche nei casi in cui
il coniuge non è fiscalmente a carico e possiede redditi di qualsiasi
categoria dichiarabili con il modello 730, a eccezione, ad esempio, di
quelli di lavoro autonomo e d’impresa.
La dichiarazione congiunta non può essere presentata nel caso di morte di
uno dei coniugi avvenuta prima della presentazione della dichiarazione dei
redditi.
Chi non lo può utilizzare
Non tutti i lavoratori dipendenti e pensionati possono utilizzare il modello
730.
Infatti, non possono avvalersi della presentazione di questo modello (e
devono presentare la dichiarazione modello Unico) coloro che possiedono,
oltre al reddito di lavoro dipendente, anche redditi di impresa e redditi
derivanti dall’esercizio di arti o professioni.
In particolare, non possono utilizzare il modello 730, ma devono presentare
il modello Unico Persone fisiche, i contribuenti che nel periodo d’imposta
oggetto di dichiarazione hanno posseduto:
- redditi d’impresa, anche in forma di partecipazione
- redditi di lavoro autonomo per i quali è richiesta la partita Iva (come ad
esempio i redditi percepiti da chi esercita arti e - professioni in forma
abituale)
- redditi “diversi” (ad esempio, proventi derivanti dalla cessione totale o
parziale di aziende, proventi derivanti dall’affitto e dalla concessione in
usufrutto di aziende).
Non possono, inoltre, utilizzare il modello 730 i contribuenti che:
- devono presentare anche una delle seguenti dichiarazioni: Iva, Irap,
modelli 770 ordinario e semplificato (ad esempio, imprenditori agricoli non
esonerati dall’obbligo di presentare la dichiarazione Iva, venditori “porta
a porta”)
non sono residenti in Italia nel periodo d’imposta oggetto di dichiarazione
e/o in quello di presentazione del modello
- devono presentare la dichiarazione per conto dei contribuenti deceduti
nel periodo d’imposta di presentazione del modello, percepiscono redditi di
lavoro dipendente erogati esclusivamente da datori di lavoro non obbligati a
effettuare le ritenute d’acconto (ad esempio, collaboratori familiari e
altri addetti alla casa).
Come e dove si presenta
Il modello 730 può essere presentato:
- al sostituto d’imposta (datore di lavoro o ente pensionistico)
- ai Caf o ai professionisti iscritti agli albi dei dottori commercialisti
ed esperti contabili e dei consulenti del lavoro).
Presentazione al sostituto d’imposta
Se si sceglie di presentare la dichiarazione al proprio sostituto d’imposta
(che però deve aver comunicato entro il 15 gennaio di voler prestare
assistenza fiscale) occorre consegnare il modello 730 già compilato e la
busta chiusa contenente il modello 730-1, relativo alla scelta per la
destinazione dell’8 per mille e del 5 per mille dell’Irpef.
La scheda va consegnata, anche se non è stata espressa alcuna scelta, avendo
cura di indicare il codice fiscale e i dati anagrafici. In caso di
dichiarazione presentata in forma congiunta le schede per la destinazione
dell’8 per mille e del 5 per mille devono essere inserite in un’unica busta,
sulla quale devono essere riportati i dati del dichiarante.
Il contribuente non deve esibire al sostituto d’imposta la documentazione
tributaria relativa alla dichiarazione, che però deve conservare fino al 31
dicembre del quarto anno successivo alla presentazione della dichiarazione.
Presentazione al Caf o al professionista abilitato
Chi si rivolge a un Caf o a un professionista abilitato può consegnare il
modello debitamente compilato e in questo caso non è dovuto alcun compenso,
oppure può chiedere assistenza per la compilazione (in questo caso occorrerà
versare un corrispettivo).
Il contribuente deve presentare al Caf o al professionista, in busta chiusa,
la scheda per la scelta della destinazione dell’8 per mille e del 5 per
mille dell’Irpef (modello 730-1), anche se non è stata effettuata alcuna
scelta.
Il contribuente deve sempre esibire al Caf o al professionista la
documentazione necessaria per permettere la verifica della conformità dei
dati esposti nella dichiarazione.
In caso di errore... il 730 integrativo
Se, dopo un attento controllo del prospetto di liquidazione delle imposte
(modello 730/3) ricevuto dal sostituto d’imposta o dall’intermediario, si
riscontrano errori di compilazione o di calcolo, è possibile rivolgersi a
chi ha prestato l’assistenza per correggerli. In questo caso è necessario
compilare il modello 730 rettificativo.
Quando il modello è stato compilato in modo corretto, ma il contribuente si
è accorto di aver dimenticato di esporre degli oneri deducibili o
detraibili, c’è la possibilità di:
- presentare entro il 25 ottobre un modello 730 integrativo, con la relativa
documentazione. Il modello 730 integrativo deve essere presentato a un
intermediario (Caf, professionista), anche se il modello precedente era
stato presentato al datore di lavoro o all’ente pensionistico
- presentare, in alternativa, un modello Unico Persone fisiche entro il
termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo
d’imposta successivo.
Se, invece, il contribuente si è accorto di aver dimenticato di dichiarare
dei redditi oppure ha indicato oneri deducibili o detraibili in misura
superiore a quella spettante, deve presentare obbligatoriamente un modello
Unico Persone fisiche e pagare direttamente le somme dovute, compresa la
differenza rispetto all’importo del credito risultante dal modello 730, che
verrà comunque rimborsato dal sostituto d’imposta.
Preleva lista dei documenti necessari
alla compilazione del modello 730
Il modello Unico PF
Unico persone fisiche è un modello unificato che permette di presentare
insieme la dichiarazione dei redditi e dell’Iva.
Devono compilare la dichiarazione in forma unificata i contribuenti tenuti
alla presentazione sia della dichiarazione dei redditi sia della
dichiarazione Iva.
Tuttavia, i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione o
chiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione Iva e i
contribuenti con conguaglio a debito, possono presentarla separatamente dal
modello Unico.
Il modello Unico Pf è composto, a sua volta, da due modelli:
modello per la dichiarazione dei redditi, i cui quadri sono contrassegnati
dalla lettera R
modello per la dichiarazione annuale Iva, i cui quadri sono contrassegnati
dalla lettera V.
Contribuenti obbligati alla presentazione di Unico
Devono utilizzare il modello Unico Pf:
- i contribuenti che hanno prodotto redditi e non rientrano nelle condizioni
di esonero
- i contribuenti che sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili
(come, in genere, i titolari di partita Iva), anche nel caso in cui non
abbiano conseguito alcun reddito
- i lavoratori dipendenti che hanno cambiato datore di lavoro e hanno
ricevuto più certificazioni di lavoro dipendente o assimilati (modello Cud),
se l’imposta corrispondente al reddito complessivo supera di oltre 10,33
euro il totale delle ritenute subite
- i lavoratori dipendenti che hanno percepito direttamente dall’Inps o da
altri Enti indennità e somme a titolo di integrazione salariale o ad altro
titolo, se erroneamente non sono state effettuate le ritenute o se non
ricorrono le condizioni di esonero
- i lavoratori dipendenti ai quali sono state riconosciute dal datore di
lavoro o ente pensionistico deduzioni dal reddito e/o detrazioni d’imposta
(ad esempio, per carichi di famiglia) non spettanti in tutto o in parte
- i lavoratori dipendenti che hanno percepito retribuzioni e/o redditi da
privati non obbligati per legge ad effettuare ritenute d’acconto (ad
esempio, collaboratori familiari, baby-sitter)
- i contribuenti che hanno conseguito redditi soggetti a tassazione
separata, tranne quelli che non devono essere indicati nella dichiarazione
(per esempio, le indennità di fine rapporto, gli emolumenti arretrati, le
indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa) quando sono erogati da soggetti obbligati a effettuare le
ritenute alla fonte
- i lavoratori dipendenti e assimilati ai quali non sono state trattenute in
tutto o in parte le addizionali comunale e regionale all’Irpef (il modello
Unico va presentato soltanto se l’importo dovuto per ciascuna addizionale
supera 10,33 euro)
- i contribuenti che hanno realizzato plusvalenze e redditi di capitale da
assoggettare a imposta sostitutiva e da indicare rispettivamente nei quadri
RT e RM.
Contribuenti esonerati dalla presentazione di Unico
Non hanno l’obbligo di presentare il modello Unico Pf i contribuenti che,
nell’anno d’imposta, hanno posseduto:
- esclusivamente redditi di fabbricati derivanti esclusivamente dal possesso
dell’abitazione principale e di sue eventuali pertinenze (box, cantina,
ecc.)
- esclusivamente redditi di lavoro dipendente o di pensione corrisposti da
un unico datore di lavoro che effettua le ritenute d’acconto, ed
eventualmente redditi di fabbricati derivanti esclusivamente dal possesso
dell’abitazione principale e di sue eventuali pertinenze
- esclusivamente redditi di lavoro dipendente corrisposti da più soggetti
(se all’ultimo datore di lavoro è stato chiesto di tenere conto dei redditi
erogati durante i rapporti precedenti e quest’ultimo ha pertanto effettuato
il conguaglio) a cui si possono sommare eventuali redditi di fabbricati
derivanti esclusivamente dal possesso dell’abitazione principale e di sue
eventuali pertinenze
- un reddito complessivo, al netto dell’abitazione principale e relative
pertinenze, non superiore a 8.000 euro, al quale concorre un reddito di
lavoro dipendente o assimilato per un periodo non inferiore a 365 giorni e
non sono state operate ritenute
- un reddito complessivo, al netto dell’abitazione principale e relative
pertinenze, non superiore a 7.500 euro, al quale concorre un reddito di
pensione per un periodo non inferiore a 365 giorni e non sono state operate
ritenute
- un reddito complessivo, al netto dell’abitazione principale e relative
pertinenze, non superiore a 7.750 euro, al quale concorre un reddito di
pensione per un periodo non inferiore a 365 giorni, non sono state operate
ritenute e il contribuente ha un’età non inferiore a 75 anni
- un reddito complessivo, al netto dell’abitazione principale e relative
pertinenze, non superiore a 4.800 euro, al quale concorre uno dei redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendente per i quali la detrazione spettante
non deve essere rapportata al periodo di lavoro (ad esempio, i compensi
percepiti per l’attività libero professionale intramuraria del personale
dipendente dal Servizio sanitario nazionale) e/o redditi derivanti da
attività commerciali o di lavoro autonomo, non esercitate abitualmente
- redditi da pensione per un periodo non inferiore a 365 giorni e un
ammontare non superiore a 7.500 euro, a cui si sommano redditi di terreni
per un importo massimo di 185,92 euro e di fabbricati derivanti dal possesso
dell’abitazione principale e relative pertinenze
- soltanto redditi fondiari (terreni e/o fabbricati) per un ammontare
complessivo non superiore a 500 euro
- soltanto redditi esenti: per esempio, le rendite erogate dall’Inail per
invalidità permanente o per morte, alcune borse di studio (quelle per corsi
di perfezionamento, specializzazione o dottorato di ricerca, quelle bandite
nell’ambito del programma “Socrates”, ecc.), le pensioni di guerra, le
pensioni privilegiate ordinarie corrisposte ai militari di leva, le
pensioni, le indennità e gli assegni erogati ai ciechi civili, ai sordomuti
e agli invalidi civili, i sussidi a favore degli hanseniani, le pensioni
sociali, i compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche fino
all’importo di 7.500 euro
- soltanto redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta (per
esempio, i compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche fino
all’importo di 28.158,28 euro, gli interessi sui conti correnti bancari o
postali) -
- soltanto redditi soggetti a imposta sostitutiva (ad esempio, gli interessi
sui Bot o su altri titoli di Stato).
Come si presenta
Tranne che in casi particolari, tutti i contribuenti sono obbligati alla
presentazione telematica del modello Unico. La trasmissione della
dichiarazione può essere effettuata:
- direttamente, tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate
- tramite intermediari abilitati (professionisti, associazioni di categoria,
Caf, ecc.)
E’ inoltre possibile presentare la dichiarazione presso gli uffici
dell’Agenzia delle Entrate, che forniscono assistenza anche per la
compilazione e provvedono all’invio telematico.
Presentazione telematica diretta
I contribuenti che compilano la propria dichiarazione, possono scegliere di
trasmetterla direttamente, senza avvalersi di un intermediario abilitato, o
di consegnarla a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Chi sceglie di trasmettere direttamente il modello Unico, deve utilizzare:
- il servizio telematico Fisconline, a meno che non sia tenuto a presentare
la dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770) per un numero di
soggetti superiore a 20. Per accedere a Fisconline, occorre avere un codice
Pin,che varichiestoall’Agenzia delle Entrate
- il servizio telematico Entratel, se è tenuto a presentare il modello 770
in relazione a più di 20 soggetti.
La dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui si conclude la
ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate. La prova della
presentazione è data dalla comunicazione dell’Agenzia delle Entrate che
attesta di aver ricevuto la dichiarazione.
Presentazione telematica tramite un intermediario
Per la trasmissione del modello Unico, il contribuente può anche rivolgersi
a un intermediario abilitato.
La dichiarazione può essere compilata sia dall’intermediario sia dal
contribuente. L’intermediario può non accettare l’incarico di trasmettere la
dichiarazione predisposta dal contribuente, ma è obbligato a inviare sia
quelle da lui predisposte sia quelle compilate dai contribuenti per le quali
ha assunto l’impegno della trasmissione telematica.
L’intermediario abilitato deve rilasciare:
- una dichiarazione, datata e sottoscritta, con l’assunzione dell’impegno a
trasmettere per via telematica i dati contenuti nel modello
- entro 30 giorni dal termine previsto per la presentazione, l’originale
della dichiarazione firmata dal contribuente e la comunicazione dell’Agenzia
delle Entrate che ne attesta l’avvenuta ricezione.
Presentazione dall’estero
I contribuenti possono trasmettere la propria dichiarazione in via
telematica anche dall’estero, se in possesso del un codice Pin.
In alternativa, possono spedirla (sempre che non siano titolari di redditi
d’impresa o di lavoro autonomo) entro il 30 settembre con raccomandata o
altro mezzo equivalente, dal quale risulti con certezza la data di invio. In
caso di spedizione postale, la dichiarazione va inserita in una normale
busta di corrispondenza di dimensioni idonee a contenerla senza piegarla.
La busta deve essere indirizzata all’Agenzia delle Entrate - Centro
operativo di Venezia, via Giorgio De Marchi n. 16, 30175 Marghera (VE) -
Italia.
Sulla busta devono essere indicati:
cognome, nome e codice fiscale del contribuente
la dicitura “Contiene dichiarazione modello Unico anno ... Persone Fisiche”.
Presentazione in modalità cartacea
Possono presentare il modello Unico cartaceo, presso un ufficio postale, i
contribuenti che:
- pur possedendo redditi dichiarabili con il 730, non possono presentare
questo modello perché non hanno un datore di lavoro o non sono titolari di
pensione
- pur potendo presentare il 730, devono dichiarare redditi o comunicare dati
tramite quadri del modello Unico: RM (redditi soggetti a tassazione
separata), RT (plusvalenze di natura finanziaria), RW (investimenti
all’estero e/o trasferimenti da, per e sull’estero), AC (comunicazione
dell’amministratore di condominio)
devono presentare la dichiarazione per conto di contribuenti deceduti
sono privi di un sostituto d’imposta al momento della presentazione della
dichiarazione perché il rapporto di lavoro è terminato.
In caso di errore…
Nella compilazione della dichiarazione dei redditi può capitare di
commettere errori di vario tipo. Per esempio, il contribuente può aver
dimenticato di dichiarare alcuni redditi oppure di “scalare” oneri
detraibili e/o deducibili o ritenute d’acconto oppure può averli indicati in
maniera non corretta.
In tutti questi casi, il contribuente può correggere gli errori prima che
l’Amministrazione finanziaria accerti la violazione commessa.
Le modalità per rimediare sono diverse a seconda che le correzioni avvengano
prima o dopo la scadenza dei termini di presentazione di Unico.
Correzioni nei termini di presentazione
I contribuenti che hanno necessità di correggere una dichiarazione già
consegnata o trasmessa, possono presentare, entro la scadenza ordinaria, un
nuovo modello, barrando la casella “Correttiva nei termini”.
Se dalla dichiarazione “rettificativa” emerge una maggiore imposta o un
minor credito, il contribuente deve versare le somme dovute; nel caso i
termini per i versamenti siano già scaduti, può ricorrere al ravvedimento
operoso per sanare il pagamento effettuato in ritardo.
Se, al contrario, emerge un maggior credito o una minore imposta, il
contribuente può chiedere il rimborso o usufruire del credito per l’anno
successivo; oppure, in alternativa, può utilizzarlo in compensazione per
pagare altri tributi.
Correzioni dopo la scadenza dei termini di presentazione
Scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può
rettificarla o integrarla presentando una nuova dichiarazione.
E’ possibile ricorrere alla dichiarazione integrativa (in aumento o in
diminuzione) soltanto se quella originaria è stata validamente presentata; è
considerata tale anche la dichiarazione presentata entro 90 giorni dal
termine di scadenza.
Dichiarazione integrativa in diminuzione
Per correggere errori od omissioni che hanno determinato un maggior reddito,
un maggior debito o un minor credito d’imposta, il contribuente può
integrare a proprio favore la dichiarazione, presentando un altro Unico Pf
entro la scadenza prevista per la dichiarazione relativa al periodo
d’imposta successivo.
Sul frontespizio del modello deve essere barrata la casella “Dichiarazione
integrativa a favore”.
L’eventuale credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione o
richiesto a rimborso.
Dichiarazione integrativa in aumento
Il contribuente può correggere errori e omissioni che hanno determinato un
minor reddito o un minor debito o un maggior credito d’imposta, presentando
una “dichiarazione integrativa” (va barrata l’apposita casella sul
frontespizio):
- entro la scadenza della dichiarazione relativa all’anno successivo,
facendo ricorso al ravvedimento operoso e beneficiando, pertanto, di
sanzioni ridotte
- entro i termini per l’accertamento, ossia il 31 dicembre del quarto anno
successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, senza
riduzione delle sanzioni (per esempio, entro il 31 dicembre 2015 si può
correggere l’Unico 2011).
Le sanzioni
E’ prevista l’applicazione della sanzione del 30%:
- per il mancato, carente o tardivo versamento delle imposte dichiarate
- sulle maggiori imposte dovute per gli errori riscontrati durante i
controlli automatici (ad esempio, errori materiali e di calcolo nella
determinazione degli imponibili e delle imposte – articolo 36-bis del Dpr n.
600 del 1973) e i controlli formali (ad esempio, indicazione in misura
superiore di oneri deducibili o detraibili, di ritenute di acconto e di
crediti di imposta – articolo 36-ter del Dpr n. 600 del 1973).
Nel caso di infedele dichiarazione (ad esempio, omessa o errata indicazione
di redditi), la sanzione va dal 100% al 200% della maggiore imposta o del
minor credito.
Se ricorrono le condizioni, il contribuente può avvalersi dell’istituto del
ravvedimento operoso, usufruendo di sanzioni ridotte.
Fonte: Agenzia delle Entrate
Preleva lista dei documenti necessari
alla compilazione del modello UNICO PF
Il modello ISEE
L’ISEE è l’indicatore della situazione economica equivalente. L’ attestato
contenente l’indicatore I.S.E.E. consente ai cittadini di accedere, a
condizioni agevolate, alle prestazioni sociali o ai servizi di pubblica
utilità.
L' I.S.E.E. è il rapporto tra l’indicatore della situazione economica
(I.S.E.) e il parametro desunto dalla Scala di Equivalenza.
ISE
L’I.S.E.(Indicatore della Situazione Economica) è il valore assoluto dato
dalla somma dei redditi e dal 20% dei patrimoni mobiliari e immobiliari dei
componenti il nucleo familiare.
LA DICHIARAZIONE UNICA SOSTITUTIVA
La dichiarazione sostitutiva è un atto importante che il cittadino effettua,
assumendosi la responsabilità, anche penale, di quanto dichiarato.
La Dichiarazione sostitutiva unica può essere presentata:
•all’ente che fornisce la prestazione sociale agevolata;
•al Comune
•ad un Centro di Assistenza Fiscale (CAF)
•all’Inps in via telematica, collegandosi al sito Internet www.inps,it,
nella sezione “Servizi On-Line” (v. circolare INPS n. 2 del 12.01.2011)
•alla sede Inps competente per territorio
Può essere:
•consegnata di persona all’addetto all’ufficio e sottoscrivendola in sua
presenza;
•trasmessa all’ufficio completa della sottoscrizione e di una fotocopia del
documento di riconoscimento;
•resa direttamente all’addetto all’ufficio, se chi dichiara non sa o non può
firmare;
•presentata con la firma già autenticata ai sensi di legge.
È possibile presentare la dichiarazione in qualsiasi momento dell’anno.
La dichiarazione ha validità di un anno dall'attestazione della
presentazione e vale per tutti i componenti il nucleo familiare.
È composta dal modello base e da un numero di fogli allegati pari al numero
dei componenti il nucleo familiare, indicati dal dichiarante.
Il dichiarante, all’atto dell’indicazione dei componenti il nucleo
familiare, deve fare riferimento alla situazione in essere alla data della
dichiarazione.
La dichiarazione deve contenere i dati sulla situazione reddituale,
risultanti dall'ultima dichiarazione presentata ai fini Irpef, e i beni
patrimoniali posseduti al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di
presentazione della dichiarazione.
Ai fini I.S.E.E. ogni soggetto appartiene ad un solo Nucleo Familiare.
Scarica i documenti necessari per la compilazione del modello ISEE
Il modello RED
I pensionati interessati alla verifica ricevono una lettera personalizzata "
RED- Richiesta dichiarazione redditi” sulla quale sono:
•illustrati i motivi della richiesta;
•indicate le pensioni interessate alla dichiarazione e il tipo di
prestazione erogata che ha determinato la richiesta dei redditi;
•elencate le altre pensioni presenti sul Casellario Centrale dei pensionati
e sulle quali non influiscono i redditi richiesti;
•precisati i familiari per i quali il pensionato deve dichiarare i redditi
perché influenti ai fini della concessione della prestazione;
•elencate le pensioni intestate ai familiari rilevate dal Casellario
Centrale pensionati.
Viene inviata, inoltre, la “stringa” che deve essere utilizzata per la
trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi nel caso in cui il
pensionato si rivolga ad un Centro di Assistenza fiscale o a un
professionista abilitato.
CHI DEVE PRESENTARE LA DICHIARAZIONE
I pensionati devono presentare il mod. RED solo se sono in possesso di
redditi che non devono essere dichiarati al fisco.
La presentazione del mod. RED, pertanto, è obbligatoria se:
•il pensionato e/o i suoi familiari sono esonerati dalla presentazione delle
dichiarazione dei redditi (mod. 730 o mod. UNICO);
•hanno conseguito nell’anno 2009 redditi esenti da Irpef che non sono stati
dichiarati con mod. 730 o mod. UNICO e che, però, sono rilevanti per
stabilire il permanere del diritto ovvero stabilire l’esatto importo della
prestazione riconosciuta dall’Inps.
N.B.: Non deve essere presentata nessuna dichiarazione se la situazione
reddituale del pensionato e quella degli eventuali familiari, per i quali è
richiesta la dichiarazione, è stata integralmente dichiarata al Fisco
mediante il mod. 730 o il mod. UNICO.
Modalità semplificate di dichiarazione sono previste se:
•la situazione reddituale del pensionato non è variata rispetto a quanto
comunicato con l’ultima dichiarazione;
•il pensionato non possiede altri redditi oltre la pensione.
COME SI PRESENTA LA DICHIARAZIONE
L’acquisizione e la trasmissione delle dichiarazioni può avvenire:
•tramite CAF, che assisterà gratuitamente il pensionato per la compilazione
e per la trasmissione della dichiarazione reddituale, o tramite altri
soggetti abilitati che utilizzeranno le specifiche procedure predisposte
dall’Inps;
•con il servizio di acquisizione online accedendo all’apposita sezione
“Servizi al cittadino” presente sul sito www.inps.it e utilizzando il codice
PIN dopo averne ottenuto la seconda parte seguendo le istruzioni inviate con
il “bustone”;
•direttamente alla Sede Inps che ha in carico il trattamento pensionistico.
PENSIONATI RESIDENTI ALL’ESTERO
Ai pensionati in un unico plico viene inviato:
•il modello CUD;
•il modello per la richiesta di applicazione delle detrazioni d’imposta;
•il mod. RED/EST 2010;
•la lettera di comunicazione della prima parte del PIN (se il pensionato non
ne era ancora in possesso al momento dell’invio).
Il Decreto Ministeriale del 12.5.2003 con il quale vengono fissate le norme
di attuazione dell’art 49 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 precisa in
quali casi l'accertamento reddituale debba effettuarsi con l'acquisizione di
certificazioni rilasciate dagli Organismi esteri ed in quali altri possa
essere sufficiente l'autocertificazione.
REDDITI RILEVANTI
L’art. 1 del Decreto Ministeriale 12 maggio 2003 definisce le tipologie di
reddito prodotti all’estero che sono rilevanti ai fini della verifica dei
requisiti reddituali previsti per l’erogazione della prestazione.
La norma stabilisce, inoltre, che i redditi sono valutati dall’Ente
erogatore sulla base di una comparazione con le disposizioni nazionali,
riferendosi alle seguenti tipologie di reddito:
•redditi previdenziali italiani ed esteri;
•redditi da lavoro;
•redditi immobiliari con esclusione della casa di abitazione;
•redditi di capitali e di partecipazione;
•redditi a carattere assistenziale.
L'Imposta Municipale Unica
L’IMU o Imposta municipale Unica reintroduce la tassazione sulla prima casa o abitazione principale
come era per l’ICI grazie al Governo Monti e al Decreto Salva Italia e che imporrà ai proprietari di case e immobili
di effettuare nuovamente il calcolo ed il versamento dell’ICI o IMU sulla casa dal 2012 sia per l’acconto sia per il
saldo secondo le scadenze che dovrebbro restare quelle ordinarie.
L’imposta Municipale Unica: istruzioni pr l’uso
Come avete avuto modo di vedere nel primo articolo dedicato all’IMU in cui si chiariva che tale nuova imposta assorbiva
il prelievo fiscale non solo dell’ICI bensì anche delle imposte Irpef derivante dal possesso di immobili (non soggetti
a locazione) di alcuni tributi come le addizionali regionali e comunali in un solo tributo; in tale insieme rientra
anche l’ICI o Imposta Comunale sugli Immobili ed è per questo che parliamo dell’IMU in termini di Nuova ICI.
Sono previste anche delle tempistiche di assorbimento a seconda della diversa tipologia di tributi: è il caso delle
imposte ipotecarie e catastali che saranno assorbite per ora solo dal 2015.
La Base Imponibile dell’IMU
La base imponibile parte sempre dalla rendita catastale che potrete prendere da una visura catastale al costi di
pochi euro richiednedola anche on line a cui si applica una rivalutazione “fissa” del 5% come avviene per l’ICI.
A questo importo si applica un moltiplicatore che avria a seocnda della categoria catastale come meglio indicato
nell’articolo dedicato al calcolo dell’IMU (in genere 160 per le abitazioni ma scende per le altre categorie catastali).
Questo valore risultante è la base imponibile a cui applicare le aliquote IMU e le eventuali detrazioni di imposta.
Chi paga l’IMU
L’IMU è a carico dei soggetti residenti in italia possessori di abitazioni dove per possesso deve intendersi quello
previsto nell’accezione prevista dal D.lgs n. 23 del 2011, articolo 8 e 9 mentre per la base imponibile resta invariata
quella prevista dall’ICI, site sia nel territorio italiano sia al di fuori.
Le Aliquote IMU
Le aliquote IMU sono sulll’abitazione principale dello 0,40% con possibilità di incrmento dello 0,6% e di riduzione
dello 0,2% mentre per le unità locali diverse dalla principale sale allo 0,76% con la possibilità di aumentarle
dell’1,06% e di ridurle dello 0,46%. Sarà possibile anche ridurre ulteriormente l’IMU fino allo 0,40% per gli immobili
delle società soggette a ires per le unità locali locate e per gli immobili non produttivi di reddito fondiario.
Scadenza IMU
L’IMU dovrebbe seguire lo stesso versamento che abbiamo per l’ICI con un acconto a giugno 2012 ed un saldo a dicembre
2012 8come anche per le anualità successive 2013 e 2014).
Come si versa l’IMU
Rispetto alle modalità di versamento l’IMU si verserà con il modlelo f24 e con dei codici tributo che ad oggi non sono
ancora disponibili ma che potrete trovare in questo articolo appena disponibili.
Ritorna della tassa sulla prima casa: da quando
Il ritorno del prelievo sulla prima casa si avrà dal 2012 e quindi a giugno 2012 preparatevi per il pagamento
dell’acconto IMU secondo le modalità dedicato al Calcolo dell’IMU.
Rispetto alle modalità di calcolo dell’impost IMU potete consultare la Guida al calcolo dell’IMU: vedrete che sono
previste diverse aliquote (0,76% e 0,40%) ocn possibilità dei comuni di variarle all’intenro di alcuni intervella e
di alcune categorie di immobili (esempio fabbricato rurali), con delle soglie anche di esenzione.
Quello che stupisce è che questa tipologia di base imponibile varrà solo al livello di IMU e non ai fini delle altre
imposte di registro o ipocatastali ecc facendo di fatto aumentare il lavoro per i commercialisti che dovranno
confrontarsi con diverse basi di calcolo.
Si anticipa l’introduzione dell’IMU
In teoria l’IMu sarebbe dovuta subentrare negli anni successivo ma il Governo Monti ha inticipato l’introduzione dal
primo gennaio 2012 con tutti i problemi e le difficiltà di prima applicazione che ci saranno in sededi calcolo
dell’acconto di Giugno 2012. Dovremmo qusi sicuramente anche se come abbiamo visto in questi ultmi mesi mai dire mai,
dovremmo applicare l’IMU anche per le annualità 2013 e 2014.
Consulta le novità introdotte dal Maxi Emendamento sal Decreto Salva Italia sull’imposta municiape vinee prevista anche
una detrazione di 50 euro per ogni figlio oltre ad altre novità che riguardano ilmprelievo anche sugli immobili detenuti
all’estero che avrà la stessa aliquota dell’IMU seppur con diversa base imponibile a meno di equiparazione nei metodi di
calcolo.
Aggiornamento con l’approvazione da parte del senato:
In sede di approvazione da parte del senato sono modificati i moltiplicatori relativamente gruppo catastale D che ora
raggiunge un moltiplicatore di 80 per gli immobili di categoria D5 (istituto di credito, cambio e assicurazione) e solo
a partire dal 2013 sale a 65 per le restanti, mentre per i terreni si sale a 130 mentre scende a 110 per i coltivatori
diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.
Per abitazione principale il Decreto Monti stabilisce che deve intendersi l’immobile iscritto o iscrivibile nel catasto
urbano come unica unità immobiliare nel quale il possessore (diverso dal proprietario) dimora abitualmente.
Sarà curioso sapere se oltre all’aumento generalizzato delle imposte relative al possesso della casa introdotto
direttamente sulle abitazioni principali ed indirettamente con l’introduzione di moltiplicatori per le abitazioni
principali e secondarie, se si procederà anche ad una rivalutazione delle rendite catastali.
Queste ultime in effetti sno stazionarie da tempo ma sarebbe da charire bene quale sia il parametro intorno al quale
guidarne l’aumento. Laddove sia, come molto probabilmente sarà, il valore di mercato le agenzia immobiliare potrebbero
avere un ruolo decisivno nella fissazione del prezzo con tutte le conseguenze del caso.
Aggiornamenti febbraio 2102: potrebbe essere limitata la detrazione per i figli a carico limitatamente ad un sola
abitazione per cui non si potrebbe beneficiare di diverse detrazione per diversi dimore abituale in quanto è necessario
che vi sia un solo immobile per un nucloe familiare che genererebbe una sola detrazione.
Non stiamo parlando di detrazioni importanti in valore assoluto, cosa che come sapete prmai io non ritengo significative
in quanto piuttosto che sgravare di poche decine di euro annue una famiglia preferire destinare il maggior gettito
fiscale ad altre iniziative.
Scarica i documenti necessari per il pagamento dell'IMU
I Contratti di Locazione
La locazione è il contratto con il quale una parte (tecnicamente
definita “locatore”, ma nota anche come “padrone di casa”, “proprietario” o
simili) si obbliga a far godere un bene (sia mobile che immobile) all'altra
(tecnicamente “conduttore” o “locatario”, anche se, nel linguaggio corrente,
è spesso chiamato “inquilino”, o “affittuario”), per un periodo di tempo
determinato, in cambio di un corrispettivo in denaro. Per quanto concerne le
principali note caratteristiche del contratto di locazione, merita di essere
subito evidenziato che si tratta, sotto il profilo della formazione del
negozio, di un contratto “consensuale”, in quanto l’iter di perfezionamento
è del tutto concluso già al momento del valido scambio del consenso e del
conseguente raggiungimento dell’accordo, senza necessità di una consegna
materiale della cosa (al contrario dei contratti “reali”, come il comodato,
in cui la datio rei è elemento essenziale in tal senso). Sotto altro
profilo, la locazione è un contratto “a effetti obbligatori”, poiché da esso
non deriva l’acquisizione in capo al destinatario di alcun diritto reale sul
bene, bensì semplicemente il diritto di godere e di usare quel bene per un
tempo determinato e solo per l’uso consentito e specificato nel contratto
medesimo.
Prima di analizzare le posizioni giuridiche che sorgono in capo alle parti,
è bene effettuare fin da ora un chiarimento: nonostante nel linguaggio
corrente (perfino nelle agenzie immobiliari) si senta parlare quasi sempre
di “affitto”, quest’ultima espressione, in realtà, è riservata dal codice
civile esclusivamente alle ipotesi in cui oggetto del contratto sia una
cosa, mobile, immobile o anche un’universalità di mobili (come l’azienda),
avente carattere produttivo (si pensi, a titolo esemplificativo, a terreni
coltivabili ed esercizi commerciali).
DIRITTI E DOVERI DEL LOCATORE
Il primo obbligo che incombe sul locatore, ai sensi dell’art. 1575 c.c., è
quello di consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di
manutenzione. Sotto questo profilo, meritano particolare attenzione le
specificazioni di tale disposizione contenute all’art. 1578 e ss. c.c. in
tema di vizi della res: nel caso in cui quest’ultima, già al momento della
consegna, presenti vizi talmente gravi da diminuirne in modo apprezzabile
l'idoneità all'uso pattuito, è data al conduttore la facoltà di scegliere
tra la risoluzione del contratto e una riduzione del corrispettivo, purché
non si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. Qualora
i vizi siano di entità tale da costituire addirittura pericolo per la salute
del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere
la risoluzione del contratto, a prescindere dalla circostanza che i vizi
medesimi gli fossero noti, nonostante qualunque rinunzia.
Altra obbligazione che compete al locatore è quella di mantenere la cosa
locata in stato da servire all’uso convenuto (cfr. art. 1575 c.c.). Anche in
merito a questo obbligo il legislatore ha ritenuto opportuno dettare delle
regole volte a individuare più nel dettaglio i compiti del locatore. Ai
sensi dell’art. 1576 c.c., costui è tenuto a eseguire tutte le riparazioni
necessarie, fatte salve solo quelle di piccola manutenzione, che sono a
carico del conduttore; a meno che le parti non raggiungano un accordo
diverso, a quest’ultimo spetterà accollarsi anche spese di conservazione e
di ordinaria manutenzione qualora la locazione abbia ad oggetto una cosa
mobile. Allorché, poi, si presenti la necessità di effettuare delle
riparazioni, ove eccedano l’ordinaria amministrazione, di regola il
locatario dovrà semplicemente avvisare il locatore (cfr. art. 1577 c.c.).
Sempre al fine di assicurare il pieno e continuativo godimento da parte del
conduttore, il codice prevede, da un lato, il divieto per il locatore di
compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano il godimento da parte del
conduttore e, dall’altro lato, che le riparazioni urgenti possano essere
eseguite direttamente dallo stesso, salvo rimborso da parte del
proprietario, purché gliene sia data contestuale comunicazione. Sotto
quest’ultimo profilo, inoltre, il legislatore impone al conduttore di
tollerare le eventuali riparazioni che non possano essere rimandate a un
momento successivo rispetto alla scadenza del contratto; se, però,
l'esecuzione delle riparazioni medesime si protrae per oltre un sesto della
durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il
conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo, proporzionata
all'intera durata delle riparazioni stesse e all'entità del mancato
godimento. A tutela, infine, delle legittime esigenze abitative del
locatario, a prescindere dalla durata della locazione, se l'esecuzione delle
riparazioni rende inabitabile quella parte dell’immobile in cui vivono il
conduttore e la sua famiglia, il medesimo può ottenere lo scioglimento del
contratto, sulla base di una prudente valutazione delle circostanze da parte
del giudice (cfr. art. 1584 c.c.).
Il locatore, infine, deve assicurare al conduttore il pacifico godimento
della cosa durante tutto l’arco temporale della locazione; meritano
attenzione, in proposito, le regole dettate dagli articoli 1585 e 1586 del
codice civile, dedicati, rispettivamente, alle molestie di terzi idonee a
diminuire l'uso o il godimento del bene e alle pretese avanzate da chi
ritiene, a torto o a ragione, di avere acquistato dei diritti sulla cosa
locata.
DIRITTI E DOVERI DEL CONDUTTORE
Salvo quanto detto poc’anzi, le principali obbligazioni del conduttore, ai
sensi dell’art. 1587 e ss. del codice civile, sono: prendere in consegna la
cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia (cfr. art. 1176
c.c.) nel servirsene per l'uso determinato nel contratto o per l'uso che può
altrimenti presumersi dalle circostanze (con il divieto, pertanto, di mutare
la destinazione pattuita o quella insita nella natura della res medesima),
nonché far pervenire al locatore il corrispettivo nei termini convenuti
(come si approfondirà in prosieguo, si tratta del canone di locazione, anche
detto comunemente “affitto”, “pigione” o simili). Nel rinviare agli artt.
1588 e 1589 c.c. circa le regole in caso di perdita o deterioramento della
cosa (a seconda che la causa sia imputabile al conduttore o meno) e agli
artt. 1592 e 1593, rispettivamente, per le ipotesi di miglioramenti e di
addizioni apportati dal conduttore al bene durante la locazione, è
interessante approfondire quanto disposto dall’art. 1590 in merito
all’obbligo di restituzione. Il conduttore è tenuto a riconsegnare la cosa
al locatore “nello stato medesimo in cui l'ha ricevuta, in conformità della
descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il
consumo risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto”. Il
codice, poi, introduce la presunzione relativa (ossia da intendersi salvo
prova contraria) della ricezione della cosa “in buono stato di
manutenzione”, da parte del conduttore per l’evenienza che le parti abbiano
omesso si redigere la suddetta descrizione.
ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO
Gli elementi che non possono essere omessi al momento della redazione di un
contratto di locazione sono: la data di stipula (a partire da quel giorno
inizierà ufficialmente il decorso non solo del contratto, ma anche dei venti
giorni di tempo che le parti hanno per la registrazione all’Ufficio del
Registro, ove prevista), l’indicazione dettagliata delle parti (nome e
cognome, oppure ragione sociale se si tratta di un'azienda, data di nascita,
via di residenza oppure sede sociale, codice fiscale oppure partita Iva),
l’identificazione del bene (qualora si tratti di immobile, oltre
all’indirizzo completo, devono riportarsi anche i dati catastali, i locali
di cui il bene si compone e l'uso per cui viene locato: uso abitazione,
ufficio, albergo ecc…), il prezzo del canone di locazione e, infine, la
durata (su quest’ultima ci soffermeremo a breve).
Merita subito un approfondimento l’aspetto economico del corrispettivo che
spetta al locatore. Il canone di locazione consiste in una somma che il
conduttore si obbliga a versare al conduttore (o a un suo valido
rappresentante) allo scadere del periodo concordato (di regola il mese, il
trimestre ovvero il quadrimestre). Solitamente, quando si tratta di cose
immobili, le parti hanno cura di specificare le voci di cui si compone il
corrispettivo dovuto. A tal proposito, è bene distinguere tra: corrispettivo
annuo, spese annue e rata pattuita. Per “corrispettivo annuo” è da
intendersi il prezzo concordato per la locazione dell'immobile, escluse le
spese. Le “spese annue”, d’altro canto, comprendono tutte le somme dovute
per pagare gli oneri connessi al compenso del portiere, alla manutenzione
dell’ascensore, al riscaldamento (ove non sia autonomo), e ad altre voci
eventualmente specificate. La “rata pattuita”, infine, è la cifra da pagare
a ogni scadenza specificata nel contratto ed è il risultato della somma
delle due voci precedenti (cioè corrispettivo annuo e spese annue) diviso il
numero delle rate annue previste (dodici se il pagamento è mensile, quattro
se è quadrimestrale e così via).
IL CONTRATTO "LIBERO"
La tipologia contrattuale più usata per le locazioni ad uso abitativo è il
contratto c.d. “libero”, così chiamato perché le parti risultano
sostanzialmente libere di decidere autonomamente il canone, a patto che esso
risulti “trasparente”, nel senso che non sia pattuito, neppure in forma
orale, alcun tipo di corrispettivo ulteriore rispetto a quello indicato nel
contratto (che deve sempre essere per iscritto), pena la nullità dell’intero
negozio giuridico e la legittimazione del conduttore a chiedere tanto la
revisione del contratto stesso quanto la restituzione della differenza di
fatto versata al locatore, sempre che sia in grado di provarlo. Il
contraltare di una così ampia autonomia contrattuale è l’imposizione ex lege
della durata minima: quattro anni iniziali, cui si aggiungono altri quattro
anni in virtù di un rinnovo automatico. La regola del rinnovo di diritto,
tuttavia, non è applicabile ad alcune ipotesi contemplate dall’art. 3 della
legge n. 431/1998, al ricorrere delle quali il proprietario ha il potere di
opporsi al rinnovo automatico, con dichiarazione espressa in tal senso e
descrizione della fattispecie che costituisce fonte della deroga. Tra i casi
più frequenti nella prassi, si pensi all’eventualità che il locatore intenda
utilizzare l'appartamento come abitazione o adibirlo ad uso professionale
per sé, il coniuge i figli o i fratelli, o ancora decida di ristrutturarlo
completamente. Fatte salve tali ipotesi eccezionali, dunque, alla scadenza
degli otto anni (quattro + quattro), a ciascuna delle parti è attribuita la
facoltà di comunicare all’altra, mediante lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, con un preavviso di sei mesi, l’intenzione di disdire il
contratto.
IL CONTRATTO "CONVENZIONATO"
Consapevole delle forti difficoltà incontrate dai soggetti meno abbienti,
intenzionati a prendere in locazione una casa in uno dei centri ad alta
densità abitativa, il legislatore, al ricorrere di tali circostanze, ha
offerto alle parti la scelta tra il contratto “libero” (appena visto) e
quello c.d. “convenzionato” (anche detto “calmierato”), di cui sono
solitamente reperibili presso gli uffici competenti dei Comuni interessati
uno o più schemi-tipo. La nota distintiva di quest’ultima forma contrattuale
(da cui prende il nome) consiste nella notevole incidenza esercitata sul
contenuto dei singoli contratti da parte di accordi precedentemente
raggiunti a livello nazionale fra le associazioni dei proprietari e le
associazioni degli inquilini, alla presenza del Ministro dei Lavori
Pubblici. Qualora il proprietario acconsenta di sottostare ai vincoli
previsti da tali accordi (ad esempio circa il limite massimo del canone
locatizio), potrà giovarsi di una pluralità di agevolazioni. Avrà diritto,
infatti, ad una riduzione non solo dell’aliquota ICI (nella percentuale
fissata mediante regolamenti comunali), ma perfino dell’IRPEF (per
quest’ultima, la riduzione è imposta per a livello nazionale nella misura
del 30%). Per usufruire delle suddette norme di favore, sarà onere del
locatore chiederne l’applicazione, al momento della presentazione della
dichiarazione dei redditi, indicando il Comune dove ha sede l'immobile,
nonché gli estremi di registrazione del contratto di locazione e l'anno di
presentazione della denuncia dell'immobile ai fini dell'applicazione
dell'ICI.
Per quanto riguarda la durata del contratto “convenzionato”, essa è più
breve, non potendo essere inferiore ai tre anni; alla prima scadenza del
contratto, se le parti non si mettono d'accordo per il rinnovo, il contratto
è prorogato di diritto per altri due anni, salvo la possibilità di disdetta
al ricorrere di una delle stesse ipotesi previste per i contratti a canone
libero. Scaduto anche tale termine, ciascuna delle parti può scegliere se
attivare la procedura di rinnovo a nuove condizioni oppure comunicare la
rinuncia al rinnovo con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della
scadenza. In mancanza di comunicazioni il contratto è rinnovato tacitamente.
CONTRATTI DI NATURA TRANSITORIA
Un’altra esigenza cui il legislatore ha cercato di venire incontro è quella
di quanti si trovano a vivere in una città diversa per esigenze di vario
tipo (ad esempio esigenze di salute, contratti di lavoro a termine, stage o
simili, ad esclusione dei motivi di studio universitario, per cui è
individuata una species contrattuale a parte, come vedremo a breve) ma che,
comunque, hanno una durata limitata nel tempo. Nella normativa previgente,
per siffatte circostanze era stipulabile un contratto detto “uso
foresteria”: proprio per scongiurare gli abusi che erano stati compiuti nel
ricorrere a questa tipologia contrattuale, anche al di fuori delle reali
condizioni che ne legittimavano l’utilizzo, nel 1998 si è pensato di
sostituirla con una che presenta, all’opposto, un rigore burocratico tale da
scoraggiarne fin troppo l’uso, come ha osservato autorevole dottrina. Si
tratta dei contratti di natura transitoria, disciplinati dall'art. 5 della
legge 431/98 e dall' art. 2 del decreto ministeriale del 5 marzo 1999,
sostituito, a sua volta, dal decreto del 30 dicembre 2002.
La loro durata deve compresa fra uno e diciotto mesi e possono essere
stipulati, anche in questo caso utilizzando uno dei modelli predisposti
dagli uffici competenti, soltanto al ricorrere di certe esigenze abitative
di tipo transitorio, che andranno non solo dichiarate, ma anche
accuratamente documentate (ad esempio attestato di iscrizione allo stage).
Per quanto concerne il canone, esso è oggetto di libera pattuizione solo al
di fuori delle città “ad alta tensione abitativa” e dai Comuni ad esse
limitrofi. In questi ultimi, infatti, il canone deve corrispondere alle
tabelle proposte dai Comuni di appartenenza, che fanno riferimento ai canoni
convenzionati.
CONTRATTI PER STUDENTI UNIVERSITARI
Per venire incontro alle esigenze abitative degli studenti universitari, la
riforma ha disciplinato una peculiare forma di contratto transitorio, con
delle regole specifiche e dei presupposti ad hoc. I principali presupposti
da evidenziare sono l’obbligo di regolare iscrizione ad un corso di laurea
da parte dello studente e la circostanza che quest’ultimo deve avere la
residenza al di fuori del Comune ove si trova l’immobile locato. In merito
alle regole specifiche più importanti, la durata del contratto deve essere
compresa obbligatoriamente fra i sei e i trentasei mesi ed è previsto il
rinnovo automatico, salvo disdetta anticipata. In presenza di “gravi
motivi”, tuttavia, è accordata al conduttore la facoltà di recedere, senza
che venga meno il contratto per gli altri eventuali coinquilini: ognuno di
loro resta responsabile solo per la propria parte.
Fonte: Studio Cataldi.
Scarica un fac-simile di un Contratto di
Locazione
L'OPZIONE DELLA CEDOLARE SECCA
E’ stata introdotta a partire dal 2011 la "cedolare secca sugli
affitti". Si tratta di un’imposta che sostituisce quelle attualmente dovute
sulle locazioni (articolo 3 del dlgs 23/2011). E’ un regime facoltativo e si
applica in alternativa a quello ordinario.
La cedolare secca, in pratica, sostituisce:
- l’Irpef e le relative addizionali
- l’imposta di registro
- l’imposta di bollo.
E ancora:
l’imposta di registro sulle risoluzioni e proroghe del contratto di
locazione
l’imposta di bollo, se dovuta, sulle risoluzioni e proroghe del contratto
Contribuenti interessati
Possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche
titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per
esempio, usufrutto) su unità immobiliari abitative locate.
L’opzione non può essere effettuata nell’esercizio di attività di impresa o
di arti e professioni.
Non possono aderire al nuovo regime le società e gli enti non commerciali.
Contitolarità
In caso di contitolarità dell’immobile l’opzione deve essere esercitata
distintamente da ciascun locatore.
I locatori contitolari che non esercitano l’opzione sono tenuti al
versamento dell’imposta di registro calcolata sulla parte del canone di
locazione loro imputabile in base alle quote di possesso. Deve essere
comunque versata l’imposta di bollo sul contratto di locazione.
L’imposta di registro deve essere versata per l’intero importo stabilito nei
casi in cui la norma fissa l’ammontare minimo dell’imposta dovuta.
Requisiti degli immobili per esercitare l'opzione
L’opzione può essere esercitata in relazione a ciascuna unità immobiliare ad
uso abitativo e alle relative pertinenze locate congiuntamente
all’abitazione.
Sono interessate, quindi, soltanto:
- le unità abitative accatastate nelle categorie da A1 a A11 esclusa l’A10
(uffici o studi privati)
- le relative pertinenze (solo se locate congiuntamente all’abitazione).
La nuova tassazione sostitutiva non si applica agli immobili strumentali o
relativi all’attività di impresa o di arti e professioni.
Contratti misti
Se il contratto di locazione ha ad oggetto unità immobiliari abitative per
le quali viene esercitata l’opzione per l’applicazione della cedolare secca
e altri immobili per i quali non è esercitata l’opzione l’imposta di
registro è calcolata:
- sui soli canoni riferiti agli immobili per i quali non è stata esercitata
l’opzione
- sulla parte di canone imputabile a ciascun immobile in proporzione alla
rendita, se il canone è stato pattuito unitariamente.
Comunicazione al conduttore (affittuario)
Il locatore (proprietario) che decide di avvalersi del nuovo regime deve
darne comunicazione al conduttore (affittuario).
La comunicazione va effettuata con raccomandata e deve contenere la rinuncia
alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento
del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la
variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo
per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente.
Come si calcola la cedolare secca
L’ importo della nuova imposta (“cedolare secca”) si calcola applicando
un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti.
E’ stata introdotta, inoltre, un’aliquota ridotta del 19% per i contratti di
locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate:
- nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a)
e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna,
Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e
dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di
provincia
- nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe)
Come si versa
La cedolare deve essere versata entro il termine stabilito per il versamento
Irpef (acconto e saldo).
Per il 2011, l’acconto deve essere versato nella misura dell’85% e, a
partire dal 2012, nella misura del 95%.
Il versamento dell’acconto deve essere effettuato con gli stessi criteri di
versamento dell’acconto Irpef, e quindi in un’unica soluzione, entro il 30
novembre 2011, se l’importo è inferiore a euro 257,52. Se l’importo dovuto è
superiore a euro 257,52, si versa in due rate, di cui:
- la prima, del 40%, entro il 6 luglio 2011 oppure entro il 5 agosto 2011
con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse
- la seconda, del restante 60%, entro il 30 novembre 2011.
In particolare:
- Il primo acconto da versare entro il 6 luglio è dovuto per i contratti in
corso al 31 maggio e non è dovuto per i contratti che decorrono dal 1°
giugno
- l’acconto da versare entro il 30 novembre è dovuto per i contratti che
decorrono tra il 1° giugno e il 31 ottobre 2011.
L’acconto non deve essere versato per i contratti con decorrenza dal 1°
novembre 2011.
A partire dal 2012 l’acconto (pari al 95%) potrà essere calcolato anche con
il metodo storico, sulla cedolare secca dell’anno precedente.
Come si esercita l'opzione
Chi intende avvalersi del regime della cedolare secca può esercitare
l’opzione in sede di registrazione del contratto compilando il modello
semplificato Siria - pdf (approvato con provvedimento del 7/04/2011) oppure
il modello 69 - pdf.
Modello semplificato Siria
Il modello semplificato Siria può essere utilizzato solo se:
- il numero dei locatori (proprietari) e dei conduttori (affittuari) non è
superiore a tre
- tutti i locatori esercitano l’opzione per la cedolare secca
- si è in presenza di una sola unità abitativa e un numero di pertinenze non
superiore a tre
- tutti gli immobili sono censiti con attribuzione di rendita
- il contratto contiene esclusivamente il rapporto di locazione.
Il modello semplificato Siria deve essere presentato dal locatore se
abilitato ai servizi telematici o tramite un intermediario abilitato
(professionisti, associazioni di categoria, Caf, ecc.) esclusivamente in via
telematica utilizzando il software di compilazione messo a disposizione
dall’Agenzia delle Entrate.
Il modello deve essere presentato entro i termini previsti per la
registrazione del contratto di locazione, cioè entro 30 giorni dalla data
della stipula del contratto. Se la data di decorrenza è anteriore alla data
della stipula, la denuncia (il modello Siria) deve essere trasmessa entro 30
giorni dalla data di decorrenza.
Per la registrazione tardiva del contratto di locazione è necessario recarsi
presso un ufficio dell’Agenzia.
Modello 69
Il modello 69 deve essere utilizzato, invece, quando non ricorrono i
requisiti per utilizzare quello semplificato. Il modello 69 va compilato per
le proroghe, risoluzioni anticipate, ecc.
Per i contratti per i quali non c’è l’obbligo di registrazione in termine
fisso (locazioni “brevi”), il locatore può applicare la cedolare secca
direttamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta
nel quale è prodotto il reddito oppure esercitare l’opzione in sede di
registrazione in caso d’uso o di registrazione volontaria del contratto.
Se, in sede di registrazione, il locatore non effettua l’opzione nella prima
annualità del contratto può comunque esercitarla per le annualità successive
utilizzando il modello 69 entro il termine per il versamento dell’imposta di
registro. L’opzione va esercitata nello stesso modo in caso di proroga,
anche tacita, del contratto di locazione.
Durata dell'opzione
L’opzione vincola il locatore all’applicazione del regime della cedolare
secca per l’intero periodo di durata del contratto o della proroga o per il
residuo periodo nei casi in cui l’opzione viene esercitata per le annualità
successive.
Il locatore ha la facoltà di revocare l’opzione durante ciascuna annualità
contrattuale successiva a quella in cui è stata esercitata l’opzione.
La revoca deve essere effettuata entro il termine previsto per il pagamento
dell’imposta di registro relativa all’annualità di riferimento e obbliga al
versamento della stessa imposta.
Resta salva la facoltà di esercitare l’opzione nelle annualità successive.
Effetti della cedolare sul reddito
Il reddito assoggettato a cedolare:
- è escluso dal reddito complessivo
- sul reddito assoggettato a cedolare e sulla cedolare stessa non possono
essere fatti valere rispettivamente oneri deducibili e detrazioni
- il reddito assoggettato a cedolare deve essere compreso nel reddito ai
fini del riconoscimento della spettanza o della determinazione di deduzioni,
detrazioni o benefici di qualsiasi titolo collegati al possesso di requisiti
reddituali (determinazione dell’Isee, determinazione del reddito per essere
considerato a carico).
Disciplina transitoria per l'anno 2011
La cedolare secca si applica, per il periodo di imposta 2011, ai contratti
in corso nell’anno 2011, anche se scaduti ovvero oggetto di risoluzione
volontaria prima del 7 aprile 2011.
Per i contratti scaduti, anche a seguito di risoluzione volontaria, prima
del 7 aprile 2011, nonché per i contratti ancora in corso al 7 aprile 2011,
per i quali è già stata eseguita la registrazione, e per i contratti
prorogati per i quali è già stata effettuato il pagamento dell’imposta di
registro, il locatore può applicare la cedolare secca in sede di
dichiarazione relativa ai redditi 2011 da presentare nell’anno 2012.
Non si rimborsano le imposte di registro e di bollo versate e il locatore è
tenuto per il periodo d’imposta 2011 al versamento dell’acconto della
cedolare secca, ove dovuto.
L’applicazione della cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi da
presentare nell’anno 2012 ha effetto anche per l’annualità contrattuale
decorrente dall’anno 2011.
Per i contratti registrati a partire dalla data del 7 aprile 2011, l’opzione
si esercita in sede di registrazione con gli appositi modelli.
Per i contratti prorogati per i quali il termine per il pagamento
dell’imposta di registro non è ancora scaduto alla data del 7 aprile 2011,
l’opzione si esercita con il modello 69 - pdf .
In considerazione dell’entrata in vigore il 7 aprile della nuova disciplina
normativa, tenuto conto dell’art. 3 della L. 212/2000, al fine di consentire
ai contribuenti di avere adeguata conoscenza del funzionamento della
cedolare, sono previsti specifici termini per la registrazione e l’esercizio
dell’opzione. In particolare per i contratti per i quali il termine di
registrazione scade tra il 7 aprile e il 6 giugno 2011 la registrazione,
anche ai fini dell’opzione, può essere effettuata entro il 6 giugno 2011.
In caso di risoluzione del contratto di locazione in corso alla data del 7
aprile 2011 o di risoluzione per la quale, alla stessa data, non è scaduto
il termine per il pagamento dell’imposta di registro, l’opzione per la
cedolare secca si può esprimere entro il termine di versamento dell’imposta
di registro per la risoluzione, mediante il modello 69, e ha effetto per
l’applicazione della cedolare secca relativa all’anno 2011.
L’opzione espressa in sede di risoluzione del contratto consente di non
versare l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ove dovuta, sulla
risoluzione stessa e il locatore è tenuto al versamento dell’acconto, se
dovuto, della cedolare secca relativa al periodo d’imposta 2011.
Scarica la Circolare n° 26 dell'Agenzia delle
Entrate sulla Cedolare Secca
LE SUCCESSIONI
L'APERTURA DELLA SUCCESSIONE
La successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo
domicilio del defunto.
L’erede subentra in tutte le situazioni giuridiche relative al de cuius, sia
per le attività, che per le passività.
L’eredità si devolve per legge o per testamento;
In assenza di testamento, l’eredità è distribuita secondo il principio delle
successioni legittime.
SUCCESSIONE LEGITTIMA
Se il singolo non ha disposto in tutto o in parte dei suoi beni, interviene
la legge ad indicare come essi devono essere assegnati e distribuiti e si
applica la c.d. successione legittima.
Si apre anche quando il defunto ha disposto solo per una parte del suo
patrimonio.
In mancanza di eredi l’eredità è devoluta allo Stato il quale non risponde
dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati.
Le categorie di successibili ovvero i soggetti appartenenti alla famiglia
del de cuius che la legge istituisce quali suoi eredi in mancanza di
testamento sono:
• il coniuge,
• i figli, tenendo conto che a quelli legittimi sono equiparati quelli
naturali, legittimati e adottivi,
• gli ascendenti legittimi, (padre, madre, nonno, nonna),
• collaterali,
• gli altri parenti entro il sesto grado,
• lo Stato.
I diritti successori dei figli.
I figli legittimi, nati in costanza di matrimonio, sono equiparati ai figli
naturali, purché riconosciuti volontariamente dai genitori. Essi succedono
per legge al padre e alla madre in parti uguali.
Lo status di figlio legittimo è acquistato direttamente anche dal figlio
adottato in forza della c. d. adozione legittimante: egli, dunque, non è
semplicemente equiparato ad un figlio legittimo, ma risulta tale a tutti gli
effetti.
La successione del coniuge.
Il coniuge concorre a pieno diritto nell’eredità. Al coniuge è devoluta
l'intera eredità solo in mancanza di figli, ascendenti, fratelli e sorelle;
in caso contrario, concorre con gli altri eredi legittimi secondo quote
stabilite dalla legge.
Il coniuge separato senza addebito gode dei medesimi diritti del coniuge non
separato.
Al coniuge del de cuius viene attribuito il diritto di abitazione della casa
familiare e di uso dei mobili che la arredano vita natural durante, in forza
di legati, ossia di successione a titolo particolare.
In mancanza di figli, al coniuge si devolve l’intera eredità
In caso di un figlio il patrimonio andrà attribuito:
- al 50% al figlio
- al 50% al coniuge
In caso di più figli:
- 1/3 al coniuge
- il resto distribuito tra i figli
SUCCESSIONE NECESSARIA
• Il singolo può disporre dei suoi beni per il periodo successivo alla
morte, nel modo che ritiene più opportuno, purchè non leda i diritti che la
legge assicura ai congiunti più stretti tassativamente indicati dalla legge
stessa.
• Quando vi sono determinate categorie di successibili una parte dei beni
del de cuius deve essere attribuita a loro.
• La quota che la legge riserva a costoro si chiama “quota di legittima”, i
successibili che vi hanno diritto sono designati con il nome di
“legittimari” e non devono essere confusi con i successori legittimi cioè
con coloro ai quali l’eredità è devoluta per legge.
• coniuge
• figli legittimi, legittimati, adottivi
• figli naturali
• ascendenti legittimi
Se all’apertura della successione vi sono dei legittimari, il patrimonio
ereditario si distingue in due parti:
- disponibile: parte patrimonio della quale il testatore era libero di
disporre attribuendola a chiunque avesse voluto
- legittima: parte del patrimonio della quale non poteva disporre perché
spettante per legge ai legittimari
SUCCESSIONE TESTAMENTARIA
Tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge hanno la capacità
di testare.
Sono incapaci di disporre per testamento:
• i minorenni
• gli interdetti per infermità di mente
• gli incapaci naturali
Esistono diverse forme di testamento:
- il testamento olografo
- il testamento per atto di notaio, distinguibile in
- testamento pubblico
- testamento segreto
OLOGRAFO
E’ una scrittura privata, non è sufficiente che sia sottoscritto dal suo
autore ma deve essere interamente scritto, datato e sottoscritto dal
testatore.
Può essere depositato presso un notaio che redigerà un verbale alla presenza
di due testimoni.
PUBBLICO
E’ ricevuto da un notaio alla presenza di testimoni, offre maggiori garanzie
del testamento olografo sia in ordine alla sua conservazione e integrità sia
per quanto riguarda l’accertamento della volontà del testatore.
1. dichiarazione di volontà del testatore resa oralmente al notaio alla
presenza irrinunciabile dei testimoni
2. redazione in iscritto della volontà del testatore a cura del notaio
3. lettura dell’atto al testatore alla presenza dei testimoni
4. indicazione del luogo, data, ora della sottoscrizione
5. sottoscrizione del testatore, dei testimoni e del notaio
SEGRETO
E’ un atto pubblico complesso che si compone di una scheda contenente le
dichiarazioni del testatore e di un atto di ricevimento della scheda stessa
da parte del notaio.
Presenta il vantaggio proprio dell’olografo (segretezza del contenuto) oltre
a tutte le garanzie di custodia, integrità ed autenticità
La scheda può anche non essere autografa ma deve essere sottoscritta dal
testatore.
La data del testamento è quella dell’atto di ricevimento
TESTAMENTI SPECIALI
In particolari circostanze non è possibile osservare le forme minuziose del
testamento ordinario e non è agevole ricorrere al notaio (malattie
contagiose, calamità, infortuni, a bordo di navi o di aeromobili).
Questi testamenti presentano la caratteristica di perdere la loro efficacia
tre mesi dopo la cessazione della causa che ha impedito al testatore di
avvalersi delle forme ordinarie.
Invalidità del testamento
Il legislatore stabilisce l’invalidità del testamento in alcuni casi:
• quando non vi è certezza della provenienza del testamento dalla persona a
cui si vuole attribuire (difetto di autografia o sottoscrizione)
• quando ci sono altri difetti di forma (art. 606, 2 comma, C.C.)
Revoca del testamento
Il testamento è revocabile fino all’ultimo momento di vita del testatore.
La revoca può essere:
Espressa: solo con un atto che abbia gli stessi requisiti formali richiesti
per il testamento
Tacita: con un testamento posteriore che comporta la revoca di tutte le
disposizioni incompatibili con le nuove volontà, oppure con la distruzione,
lacerazione, cancellazione del testamento precedente
Pubblicazione del testamento
Il testamento è valido fin dal momento in cui è posto in essere.
Dopo la morte del testatore deve essere conosciuto e il suo contenuto
divulgato.
Il testamento olografo e segreto devono essere pubblicati mentre quello
pubblico deve essere, dal notaio che lo ha ricevuto, semplicemente
comunicato agli eredi
L’APERTURA DELLA SUCCESSIONE
Capacità di succedere
Il Codice Civile ritiene capaci di succedere tutti coloro che sono nati o
concepiti al tempo dell’apertura della successione.
Si presume concepito chi è nato entro 300 gg. dalla morte della persona che
ha lasciato l’eredità.
Possono succedere nel testamento anche le persone giuridiche e gli enti non
riconosciuti
Rinuncia all’eredità
ART. 520 C.C. …la rinuncia all’eredità deve essere totale, non può essere
condizionata né a termine né parziale...
Deve risultare da atto formale e a norma dell’ART. 519 C.C. deve effettuarsi
o con una dichiarazione ricevuta da un notaio o effettuata avanti il
cancelliere del tribunale.
Con la rinuncia di un erede, la parte che sarebbe a lui spettata viene
attribuita in accrescimento agli altri coeredi a meno che non vi sia il
subentro di un discendente legittimo.
Il rinunciante è considerato come se non fosse mai stato chiamato
all’eredità.
La rinuncia è un atto revocabile semprechè non sia trascorso il termine per
la prescrizione della facoltà di accettare l’eredità.
Per la successione testamentaria prevista ad un solo erede, in ipotesi di
rinuncia, la quota viene attribuita ai coeredi.
DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE
Per i beni immobili o diritti reali immobiliari compresi nell'attivo
ereditario i beneficiari devono corrispondere le imposte ipotecarie e
catastali rispettivamente nella misura del 2% e dell'1%.
L'importo minimo da versare è comunque di Euro 168,00 per ogni tributo.
La dichiarazione di successione deve essere presentata, entro un anno
dall’apertura della successione, solo nel caso in cui nell'eredità siano
inclusi beni immobili siti nel territorio italiano.
Gli eredi e i legatari che presentano la dichiarazione di successione, sono
esonerati dall'obbligo della dichiarazione ICI. Spetta, agli Uffici delle
Entrate, competenti a ricevere la dichiarazione di successione, trasmetterne
copia a ciascun Comune ove sono ubicati gli immobili.
Agevolazione "Prima casa"
L'agevolazione 'prima casa’ consiste nell'applicazione delle imposte
ipotecaria e catastale in misura fissa paria Euro 168,00 (invece del 2% e
1%).
Tale agevolazione spetta qualora in capo al beneficiario, ovvero, nel caso
di immobili trasferiti a più beneficiari, in capo ad almeno ad uno di essi,
sussistano tutti i requisiti e le condizioni necessari per acquistare a
titolo oneroso la prima abitazione con le agevolazioni 'prima casa'.
LA DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE
Alla dichiarazione si allegano, in carta semplice:
• Visure catastali
• Certificato di morte o autocertificazione
• eventuale dichiarazione sostitutiva per la richiesta di agevolazione prima
casa.
• Certificato di destinazione urbanistica (per i terreni)
• prospetto della liquidazione delle imposte
• nel caso di rinuncia all'eredità copia autentica del verbale
• nel caso di successione testata copia originale o autenticata del
testamento.
Inoltre, occorre allegare, il modello F23 relativo al pagamento in
autoliquidazione delle imposte ipotecarie e catastali.
La dichiarazione di successione va presentata sul modello 4 reperibile
presso ogni ufficio locale dell'Agenzia e può essere sottoscritta anche
soltanto da uno degli eredi.
- prima di presentare la dichiarazione di successione, si devono
autoliquidare e pagare con il modello F23:
1. l'imposta ipotecaria;
2. l'imposta catastale;
3. l'imposta di bollo;
4. la tassa ipotecaria;
5. i tributi speciali
entro 30 gg. dalla presentazione della dichiarazione, è necessario
presentare la richiesta di voltura degli immobili presso il catasto.
PAGAMENTO DELLE IMPOSTE
L’imposta dovuta dagli eredi, legatari, donatari va ripartita fra loro in
proporzione al valore delle rispettive quote o legati.
Gli eredi sono obbligati in solido al pagamento dell’imposta complessiva
dovuta da loro e dai legatari.
Utilizzare il prospetto di liquidazione per il calcolo, e il MOD. F23 per il
pagamento delle imposte.
Preleva i documenti necessari per aprire una Successione
IL MODELLO F23
Il Modello F23 è utilizzato per il pagamento di tasse, imposte, sanzioni pecuniarie e somme dovute in casi particolari tra i quali segnaliamo la registrazione di atti pubblici o privati, la registrazione di atti giudiziari, versamenti relativi ad attività dell'Agenzia del Territorio, del Demanio e delle Dogane.
Il modello non prevede la possibilità di usufruire del meccanismo della compensazione come per il Modello F24.
Il modello si divide in varie sezioni.
In alto troviamo le informazioni anagrafiche relative a due soggetti.
A seconda del tipo di pagamento sarà necessario riempire solamente una oppure entrambe tali anagrafiche.
A titolo esemplificativo per l'imposta di registrazione di atti pubblici o atti privati autenticati dovranno essere riportati solo i dati del notaio, per la registrazione di altri atti dovranno essere riportati i dati del richiedente e di una delle controparti, per i contratti di locazione dovranno essere indicati il proprietario e il locatario.
Segue poi una sezione dove andranno indicati dati identificativi generali (ufficio o ente responsabile, anno, numero, causale, ecc).
Questi campi andranno riempiti secondo le indicazioni prescritte per il singolo pagamento.
La parte successiva, suddivisa in varie righe, è utilizzata per inserire il codice dell'importo da versare e l'importo stesso.
Per ogni tipologia di imposta, tassa o contributo deve essere utilizzata una singola riga.
Il modello F23 ha uno schema aperto in quanto deve essere il versante a inserire il codice del tributo nelle apposite caselle.
Il vantaggio di tale impostazione è che in caso di nuove tipologie di tributo non sarà necessario variare il modello ma semplicemente creare un nuovo codice.
Il versamento può essere effettuato presso gli sportelli di qualunque concessionario o banca convenzionata e presso gli uffici postali:
- in contanti;
- con carte PagoBANCOMAT, presso gli sportelli abilitati;
- con carta POSTAMAT, con addebito su conto corrente postale presso qualsiasi ufficio postale;
- con assegni bancari o postali tratti dal contribuente a favore di sé stesso o con assegni circolari o vaglia postali emessi all’ordine dello stesso contribuente e girati per l’incasso alla banca o a Poste. In ogni caso l’assegno o il vaglia devono essere di importo pari al saldo finale del modello di versamento. Nel caso in cui l’assegno postale venga utilizzato per pagare tramite Poste l’operazione dovrà essere eseguita all’ufficio postale ove è intrattenuto il conto.
- con assegni circolari e vaglia cambiari, presso i concessionari.
- con addebito su conto corrente bancario.
Nel caso in cui l’assegno risulti anche solo parzialmente scoperto o comunque non pagabile, il versamento si considera omesso.
Il modello si compone di tre copie identiche. Una sarà trattenuta dal soggetto che effettua il pagamento (banca, posta, concessionario) mentre le altre due copie saranno restituite.
Scarica il modello F23
IL MODELLO F24
L'F24 è un modulo, la cui compilazione viene stabilita dall'Agenzia delle Entrate, che ha lo scopo di identificare e permetter il versamento di numerose imposte e contributi a carico di aziende e privati.
L'F24 consente ai contribuenti di utilizzare un unico modello per la maggioranza delle tasse e versamenti.
Il modello F24 consente di pagare molti tipi diversi di contributi, quali:
- Imposte sui redditi e ritenute alla fonte;
- Imposta sul Valore Aggiunto (IVA);
- Imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’Iva;
- Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
- Addizionale regionale o Addizionale comunale all'Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF);
- Contributi e premi INPS, INAIL, ENPALS, INPDAI, INPDAP;
- Diritti camerali;
- Interessi in caso di pagamento rateale;
- Accise, per le quali viene utilizzato l'apposito "F24 Accise".
Il modello F24 è usato anche per versare gli importi (compresi interessi e sanzioni) relativi a:
- Liquidazione e controllo formale della dichiarazione;
- Avviso di accertamento;
- Avviso di irrogazione sanzioni;
- Accertamento con adesione (concordato);
- Conciliazione giudiziale;
- Ravvedimento.
I vantaggi del modello F24:
Con l'F24 i contribuenti possono compensare i crediti e i debiti indipendentemente dalla tipologia di appartenenza dei due valori. La compensazione dei tributi è un vantaggio soprattutto per le aziende che possono usare il valore dei crediti per ridurre ( fino ad azzerare) i versamenti relativi ai debiti, indipendentemente da quando avverrà il rimborso del credito da parte di terzi.
Fino a poco tempo fa era possibile effettuare il pagamento dei tributi dichiarati dal modello F24 presso: sportelli bancari o uffici postali.
Il versamento poteva essere corrisposto:
- in contanti
- con carte PagoBANCOMAT
- con carta POSTAMAT, con addebito su conto corrente postale presso qualsiasi ufficio postale
- con assegni bancari o postali tratti dal contribuente a favore di sé stesso o con assegni circolari o vaglia postali emessi all’ordine dello stesso - contribuente e girati per l’incasso alla banca o a Poste
- con assegni circolari e vaglia cambiari, presso i concessionari.
Dal 1º ottobre 2006, il "Decreto Bersani" ha stabilito che alcune categorie di contribuenti con di Partita IVA abbiano l'obbligo di effettuare la presentazione del modello F24 solo via internet. Dal 2007, tale obbligo è stato esteso a tutti i titolari di partita IVA.
Attualmente il modello F24 deve essere pagato attraverso il servizio F24 online che consente di compilare l'F24 dal sito dell'Agenzia delle Entrate e di addebitarlo automaticamente sul proprio conto bancario attraverso i servizi home banking o internet corporate banking degli istituti di credito.
Scarica il modello F24
CONTRATTI DI ASSUNZIONE COLF E BADANTI
COLF E BADANTI
Lavoratori Domestici: COSA FARE PRIMA DELL'ASSUNZIONE
A seconda della provenienza e dell’età del lavoratore sono richiesti
adempimenti diversi sia al datore di lavoro sia al lavoratore.
Per i lavoratori italiani o di paesi dell’Unione Europea
Cosa deve fare il datore di lavoro:
Nel caso il lavoratore domestico sia di nazionalità italiana o di paesi
della Unione Europea (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia,
Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania,
Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito,
Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria),
il datore di lavoro può assumere direttamente il lavoratore domestico, dopo
aver concordato gli elementi del rapporto di lavoro (orario, retribuzione,
ferie ecc.).
Sono equiparati ai cittadini dell’UE i cittadini Svizzeri e i cittadini
degli stati appartenenti allo Spazio Economico Europeo – SEE (Norvegia,
Islanda, Liechtenstein)
Cosa deve fare il lavoratore
Il lavoratore può essere assunto anche se non iscritto nelle liste del
collocamento. E’ però necessario che sia in possesso del codice fiscale, di
un documento di identità e della tessera sanitaria aggiornata e rilasciata
dall’ASL.
Dato che è ammessa l’assunzione di minori con età minima di 16 anni, se il
lavoratore domestico è minorenne, il lavoratore deve presentare oltre ai
documenti già indicati:
il certificato di idoneità al lavoro, rilasciato dall’Ufficiale sanitario
dell’ASL di zona dopo visita medica a cura e carico del datore di lavoro;
la dichiarazione dei genitori o di chi esercita la potestà familiare,
vidimata dal Sindaco del Comune di residenza, con cui si acconsente che il
lavoratore minorenne viva presso la famiglia del datore di lavoro o, in
alternativa, per i minori ad ore, l’autorizzazione scritta di chi esercita
la patria potestà.
Per i lavoratori extracomunitari
Le procedure sono diverse se il lavoratore risiede già in Italia o se invece
risiede all’estero.
Se il lavoratore extracomunitario già risiede in Italia
Cosa deve fare il datore di lavoro
Il datore di lavoro che vuole assumere un lavoratore extracomunitario già
residente in Italia deve stipulare con questo un contratto di soggiorno per
lavoro, procedendo come segue:
Compilare e sottoscrivere, con il lavoratore straniero, il modulo Q per
stipulare il contratto di soggiorno per lavoro. Il modulo è scaricabile dai
siti www.lavoro.gov.it , www.solidarietasociale.gov.it , www.interno.it o
dal sito dello Sportello Unico dell’Immigrazione della Prefettura di
residenza.
Inviare tramite raccomandata a/r allo Sportello Unico per l'Immigrazione
della Prefettura di residenza l'originale del contratto di soggiorno (mod.
Q) con allegata la copia di un proprio documento d'identità;
Consegnare al lavoratore straniero una copia del contratto di soggiorno e
della ricevuta postale di ritorno, timbrata dallo Sportello Unico. Sulla
ricevuta postale è necessario indicare cognome e nome del lavoratore con il
quale è stato stipulato il contratto di soggiorno.
Cosa deve fare il lavoratore
Essere in possesso di un permesso di soggiorno valido per lo svolgimento di
un’attività lavorativa;
compilare insieme al datore di lavoro, il modulo Q per il contratto di
soggiorno per lavoro.
Se il lavoratore extracomunitario non è ancora entrato in Italia
Cosa deve fare il datore di lavoro
Ogni anno in Italia viene programmato attraverso il cosiddetto “Decreto
Flussi” il numero massimo di lavoratori extracomunitari ai quali sarà
concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Il Decreto entra in vigore quando viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Pertanto, il datore di lavoro che vuole instaurare un rapporto di lavoro
domestico con un cittadino extracomunitario residente all’estero, deve
attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto flussi
dell’anno in corso e, a partire dalle scadenze indicate, presentare la
domanda di nulla osta al lavoro.
Per ulteriori informazioni consultare il sito del Ministero dell’Interno.
Come presentare la domanda di nulla osta
La domanda può essere compilata e inviata esclusivamente via Internet.
Il Ministero dell’Interno, infatti, ha messo a punto una procedura di invio
delle domande che elimina l’obbligo della spedizione postale e richiede, da
parte del datore di lavoro, la disponibilità di un computer e di un
collegamento internet. Di seguito si elencano i passaggi della procedura
telematica.
a) L’utente deve collegarsi al sito www.interno.it e registrarsi all’interno
di una 'sezione dedicata’, inserendo nome, cognome, data di nascita, un
indirizzo di posta elettronica e una password di accesso;
b) Riceve una e-mail di conferma e di perfezionamento della registrazione
all’indirizzo di posta elettronica da lui indicato;
c) L’utente deve scegliere, da un apposito elenco, la tipologia di domanda
che vuole presentare ed inserire i dati anagrafici propri, del lavoratore e
il luogo d’impiego. La procedura genera un modulo che l’utente deve salvare
sul proprio computer, per poi compilarlo senza dover rimanere connesso ad
internet.
N.B. E’ possibile richiedere anche ulteriori moduli per altre domande, fino
ad un massimo di cinque.
d) Per compilare il modulo così salvato, occorre scaricare un apposito
programma seguendo le istruzioni contenute nel sito.
e) Terminata la compilazione di tutti i campi richiesti, la domanda è pronta
per l’invio.
Procedura per il rilascio del nulla osta al lavoro
La domanda, inviata allo Sportello unico, viene contestualmente resa
disponibile anche alla Direzione Provinciale del Lavoro, alla Questura e al
centro per l'impiego competenti. Lo Sportello Unico convoca il datore di
lavoro per la consegna del nullaosta - che ha una validità di 6 mesi - e la
sottoscrizione del contratto di soggiorno, predisposto dallo stesso
Sportello. In questa occasione, inoltre, il datore di lavoro deve esibire la
documentazione relativa al reddito e la ricevuta dell’avvenuta richiesta del
certificato di idoneità alloggiativa (rilasciato dal Comune o dalla ASL
competenti per territorio). Lo Sportello Unico trasmette per via telematica
il nulla osta e la proposta di contratto di soggiorno alla competente
rappresentanza diplomatico-consolare italiana all’estero, la quale rilascia
allo straniero il visto d’ingresso, da lui precedentemente richiesto.
Delega per il ritiro del nulla osta
Se il datore di lavoro, per motivi di salute, non può recarsi allo Sportello
Unico per ritirare il nulla osta al lavoro e firmare il contratto di
soggiorno, può delegare il coniuge, i figli o altro parente in linea diretta
o collaterale fino al 3° grado.
Il delegato deve esibire un proprio documento di riconoscimento e presentare
al funzionario dello Sportello Unico una dichiarazione contenente l’esatta
indicazione del motivo dell’ impedimento.
Altri obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro dovrà in ogni caso garantire quanto stabilito dal
“Decreto Flussi” in vigore al momento della richiesta in merito all’ orario
di lavoro settimanale ed al reddito annuo . Il datore di lavoro che assume
un lavoratore straniero in qualità di assistente familiare, perché affetto
lui stesso da patologie o gravi handicap che ne limitano l’autosufficienza,
non ha l’obbligo dell’autocertificazione relativa alla sua capacità
economica.
Inoltre, come previsto nel contratto di soggiorno, il datore di lavoro dovrà
impegnarsi al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore
nel paese di provenienza;
impegnarsi a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro;
assicurare la disponibilità di un alloggio adeguato e, al momento della
convocazione presso lo Sportello Unico per la consegna del nulla osta,
esibire la ricevuta dell’avvenuta richiesta del certificato di idoneità
alloggiativa rilasciato dal Comune o dall’ASL di competenza (il certificato
va richiesto anche nel caso in cui il lavoratore alloggerà presso
l'assistito per svolgere le mansioni di assistente alla persona).
Cosa deve fare il lavoratore
Una volta concesso il nulla osta, lo Sportello Unico per l’immigrazione lo
trasmette per via telematica insieme alla proposta di contratto di soggiorno
alla competente rappresentanza diplomatico-consolare italiana all’estero,
che rilascerà al lavoratore il visto d’ingresso da lui precedentemente
richiesto.
Il cittadino extracomunitario, ottenuto il visto d’ingresso presso la
rappresentanza diplomatica o consolare italiana all’estero, deve:
recarsi entro 8 giorni dall’ingresso in Italia, presso lo Sportello Unico
per firmare sia il contratto sia la richiesta di permesso di soggiorno, da
spedire alla prefettura con raccomandata A/R postale.
La Questura, infine, convocherà il cittadino extracomunitario per la
consegna del permesso di soggiorno.
Lo Sportello Unico consegnerà al lavoratore, oltre al contratto di
soggiorno, una copia della Carta dei Valori ed una guida alle leggi
sull’immigrazione predisposta dal Ministero dell’Interno (“In Italia in
regola”), tradotta nella lingua meglio conosciuta dal cittadino straniero.
Per ulteriori informazioni: www.poliziadistato.it
Se il lavoratore extracomunitario già assunto deve rinnovare il permesso di
soggiorno
Il contratto di soggiorno per lavoro, stipulato con il datore di lavoro
mediante il modulo Q, è un obbligo sia per instaurare un nuovo rapporto di
lavoro sia per il rinnovo del permesso di soggiorno.
Pertanto, il lavoratore già residente in Italia, che abbia concluso un
rapporto di lavoro e il cui permesso di soggiorno sia prossimo alla
scadenza, accettando un’altra offerta di lavoro può ottenere il rinnovo del
permesso presentando il contratto di soggiorno stipulato con il nuovo
datore.
L'ASSUNZIONE
Dopo aver acquisito i documenti necessari si concordano le condizioni per
stipulare in forma scritta il contratto di lavoro.
Il contratto
Per informazioni utili alla stipula del contratto di lavoro vedi:
CCNL Fidaldo-Domina_CgilCislUil_Federcolf
CCNL Ebilcoba
Come formalizzare l’assunzione
A partire dal 29 gennaio 2009 la comunicazione di assunzione deve essere
presentata all’Inps entro le ore 24 del giorno precedente (anche se festivo)
a quello di instaurazione del rapporto di lavoro. La comunicazione ha
efficacia anche nei confronti dei Servizi competenti, del Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, dell’Istituto nazionale per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), nonché della
Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo.
La comunicazione all'Inps è obbligatoria:
anche per il periodo di prova;
qualunque sia la durata del lavoro;
anche se il lavoro è saltuario o discontinuo;
anche se già assicurati presso un altro datore di lavoro;
anche se già assicurati per un'altra attività;
anche se di nazionalità straniera;
anche se titolari di pensione.
L’obbligo di comunicazione esiste anche in fase di proroga, trasformazione
(da tempo determinato a tempo indeterminato oppure in caso di svolgimento
dell’attività in una abitazione del datore di lavoro diversa da quella
comunicata precedentemente) e cessazione del rapporto di lavoro. In questi
casi la comunicazione dovrà essere effettuata entro cinque giorni
dall’evento.
Devono inoltre essere comunicate variazioni di elementi del rapporto di
lavoro - come retribuzione, orario, settimane lavorate, ecc..- utilizzati
per il calcolo dei contributi. Le variazioni riguardanti orario e
retribuzione sono soggette ad un limite massimo complessivo di due
comunicazioni al trimestre, mentre non vi sono limiti per tutte le altre
comunicazioni che non hanno effetto sul calcolo dei contributi da versare.
Si precisa infine che l’annullamento di una denuncia di assunzione è
consentito entro 5 giorni dalla data indicata quale inizio del rapporto di
lavoro; superato detto termine, dovrà essere comunicata la cessazione.
Da aprile 2011 per l'iscrizione e le eventuali variazioni il datore di
lavoro domestico, previa identificazione tramite PIN, potrà, in modo
semplificato:
avvalersi del Contact Center, al numero 803.164, fornendo telefonicamente i
dati necessari. Fino al 30 settembre 2011 saranno accettate anche
comunicazioni senza preidentificazione con PIN ma l’operatore del Contact
Center guiderà per il rilascio del PIN;
utilizzare l'apposita procedura Internet di compilazione e invio on-line
disponibile sul sito internet dell'Istituto (www.inps.it);
In base alle norme vigenti la procedura informatica non accetta
comunicazioni di rapporto di lavoro tra coniugi, salvo il caso di invalidità
riconosciuta con indennità di accompagnamento al coniuge datore di lavoro.
La prova del rapporto di lavoro è invece prevista nel caso di parenti o
affini entro il 3 grado.
Le Sedi quindi potranno effettuare i controlli previsti di quanto dichiarato
dal datore di lavoro sotto la propria responsabilità.
Solo fino al 31 marzo i moduli cartacei per le comunicazioni di lavoro
domestico potranno essere utilizzati, presentandoli o spedendoli alle Sedi
Inps.
Non è necessario procedere alla comunicazione di assunzione secondo le
modalità fin qui indicate nel caso in cui il datore di lavoro domestico
intenda fare ricorso a prestazioni di lavoro di tipo accessorio di natura
occasionale (tipologia contrattuale introdotta con la riforma Biagi e
utilizzabile anche per il lavoro domestico). Il rapporto di lavoro
accessorio è regolato mediante la consegna dei c.d. voucher che contengono
la retribuzione e la contribuzione verso Inps ed Inail.
SANZIONI AMMINISTRATIVE E CIVILI PER IL LAVORO NERO
Se non si comunica l’assunzione all'Inps
Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare all'Inps l’assunzione e anche
l’eventuale trasformazione o cessazione del rapporto di lavoro. Se il datore
di lavoro omette o ritarda la comunicazione obbligatoria all'Inps, deve
pagare una sanzione amministrativa alla Direzione Provinciale del Lavoro che
va da 200 a 500 euro per ogni lavoratore di cui non si è comunicata
l’assunzione. Questa sanzione amministrativa può essere cumulata con la
sanzione prevista per la mancata iscrizione all’Inps e/o alla sanzione
civile prevista per l’omesso pagamento dei contributi.
Infatti se il datore di lavoro non invia la comunicazione obbligatoria di
assunzione all'Inps, il lavoratore non viene iscritto all’Inps, che ne
gestisce la posizione assicurativa.
In caso di mancata iscrizione del lavoratore domestico all’INPS, la
Direzione Provinciale del Lavoro può applicare al datore di lavoro una
sanzione che va da 1.500 euro a 12.000 euro per ciascun lavoratore “in
nero”, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo,
cumulabile con le altre sanzioni amministrative e civili previste contro il
lavoro nero.
Se non si pagano i contributi
Nel caso di “lavoro nero” (lavoratore assunto senza Comunicazione e senza
iscrizione all’Inps) la legge prevede che, per l’omesso pagamento dei
contributi di ogni lavoratore, il datore di lavoro debba pagare le sanzioni
civili al tasso del 30% in base annua calcolate sull’importo dei contributi
evasi con un massimo del 60% ed un minimo di 3.000 euro, indipendentemente
dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
Quindi, anche per una sola giornata di lavoro “in nero”, il datore di lavoro
può essere punito con la sanzione minima applicabile di 3.000 euro.
Questa sanzione civile è cumulabile con le sanzioni amministrative per la
mancata comunicazione e per la mancata iscrizione all’Inps nei termini
stabiliti.
Se si pagano i contributi in ritardo
Il versamento tardivo dei contributi comporta per legge l'applicazione al
datore di lavoro di sanzioni pecuniarie da parte dell'Inps, al tasso vigente
alla data di pagamento o di calcolo (attualmente pari al 6,50% in base
annua) e per un massimo del 40% sull’importo dovuto nel trimestre o sulla
cifra residua da pagare. Questo tasso di interesse si applica a condizione
che il datore di lavoro effettui spontaneamente il versamento entro i 12
mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi, prima di
contestazioni o richieste da parte di Inps, Inail e Ispettorato del lavoro.
Se questo termine non viene rispettato si ricade nel caso dell’evasione
contributiva, sanzionata con un’aliquota del 30% in base annua sull’importo
evaso nel trimestre.
I DIRITTI DEL LAVORATORE DOMESTICO IN REGOLA
I versamenti effettuati all’INPS dal datore di lavoro consentono al
lavoratore domestico sia italiano sia straniero di accedere alle prestazioni
assicurative e pensionistiche di seguito elencate, se in possesso dei
requisiti richiesti dalla legge.
Prestazioni a carico INPS
- Assegno per il nucleo familiare
- Indennità di disoccupazione
- Indennità di maternità
- Indennità antitubercolosi
- Cure termali
- Assegno di invalidità
- Pensione di inabilità
- Pensione di anzianità
- Pensione di vecchiaia
- Pensione ai superstiti o di reversibilità
- Per scaricare la Modulistica relativa ad ogni prestazione: clicca su
modulistica INPS
- Prestazioni e tutele per i lavoratori domestici stranieri
L’assegno per il nucleo familiare
I lavoratori comunitari hanno diritto all’ assegno per il nucleo familiare
per sé e per i propri familiari residenti nel paese d’origine o in un paese
convenzionato.
I lavoratori extracomunitari (ad eccezione di quelli con contratto di lavoro
stagionale) hanno diritto all’assegno per il nucleo familiare:
- solo per i familiari residenti in Italia, nel caso in cui il Paese di
provenienza del lavoratore straniero non abbia stipulato con l’Italia una
Convenzione in materia di trattamenti di famiglia.
anche per i familiari residenti all’estero, nel caso in cui il Paese di
provenienza del lavoratore straniero abbia stipulato con l’Italia una
Convenzione in materia di trattamenti di famiglia.
I Paesi che hanno stipulato con l’Italia una Convenzione in materia di
trattamenti di famiglia sono: Argentina, Australia, Capoverde, Croazia,
ex-Jugoslavia, Monaco, San Marino, Svizzera, Tunisia e Uruguay.
anche per i familiari residenti all’estero, nel caso in cui il lavoratore
straniero - pur non essendo il suo Paese convenzionato con l’Italia - abbia
la residenza legale in Italia e sia stato assicurato nei regimi
previdenziali di almeno due Stati membri.
- I lavoratori stranieri rifugiati politici hanno diritto all’assegno per i
familiari residenti all’estero, anche in mancanza di una Convenzione
internazionale con il Paese di provenienza.
La pensione
I cittadini comunitari che lavorano in Italia e versano regolamente i
contributi all’Inps, hanno diritto alle prestazioni pensionistiche (pensione
di vecchiaia, di anzianità, di inabilità e pensione ai superstiti) con gli
stessi requisiti di età e di contribuzione previsti per i cittadini
italiani.
Nel caso in cui il lavoratore torni nel proprio Paese o si trasferisca in un
altro Paese europeo, prima di aver maturato i requisiti necessari, tali
requisiti possono essere raggiunti anche continuando a lavorare e versare
contributi nella gestione previdenziale del Paese europeo in cui si sarà
trasferito. Grazie al sistema della “totalizzazione”, tutti i contributi
versati in Italia o in altri Paesi europei, saranno sommati allo scopo di
erogare un’unica pensione. L’importo della pensione viene determinato dalla
gestione previdenziale di ogni Paese in proporzione ai contributi versati,
secondo il cosiddetto “sistema pro-rata”.
Anche i lavoratori extracomunitari, in caso di rimpatrio, conservano i
diritti previdenziali maturati in Italia.
I lavoratori extracomunitari assunti dopo il 1 gennaio 1996, possono
percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata col
sistema contributivo) al compimento del 65° anno di età, anche se non sono
maturati i previsti requisiti (se hanno cioè meno di 5 anni di
contribuzione).
I lavoratori extracomunitari assunti prima del 1996 possono percepire, in
caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata col sistema
retributivo o misto), se hanno 20 anni di contribuzione e 65 anni di età
(stessa età fissata per uomo o donna).
Prestazioni a carico INAIL
- Indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta
- Rendita per inabilità permanente
- Rendita ed assegno una tantum ai superstiti in caso di morte
- Altre prestazioni particolari connesse all'infortunio:
- Fornitura di protesi e presidi ortopedici
- Cure idrofangotermali e climatiche
- Cure mediche e chirurgiche
- Cure ambulatoriali in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale
Per ulteriori informazioni: www.inail.it
A carico del Servizio Sanitario Nazionale
- Assistenza sanitaria (medica, farmaceutica, ospedaliera, ambulatoriale,
specialistica)
DIMISSIONI, LICENZIAMENTO E TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO
Dimissioni/Licenziamento
Il rapporto di lavoro può cessare per libera volontà del lavoratore e del
datore di lavoro, a condizione che si dia regolare preavviso all'altra
parte.
In caso di licenziamento, per il rapporto di lavoro con impegno superiore a
24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
- 15 giorni di calendario, fino a cinque anni di anzianità presso lo stesso
datore di lavoro;
- 30 giorni di calendario, oltre i cinque anni di anzianità presso lo stesso
datore di lavoro.
Per il rapporto di lavoro con impegno fino a 24 ore settimanali il preavviso
dovrà essere:
- 8 giorni di calendario, fino a due anni di anzianità;
- 15 giorni di calendario, oltre i due anni di anzianità.
Tali termini sono ridotti del 50% nel caso di dimissioni da parte del
lavoratore.
In caso di mancato preavviso da parte del datore di lavoro è dovuta al
lavoratore un’indennità pari alla retribuzione corrispondente al periodo di
preavviso spettante.
In caso di dimissioni invece, al lavoratore che non effettua la prestazione
nel periodo di preavviso viene trattenuta dalla liquidazione l’importo che
gli sarebbe spettato in tale periodo.
Comunicazioni obbligatorie
A partire dal 29 gennaio 2009 tutte le comunicazioni relative alla modifica
o alla cessazione del rapporto di lavoro domestico devono essere presentate
all’Inps entro cinque giorni dall'evento. Da aprile 2011 tali comunicazioni
potranno essere effettuate solo utilizzando il nuovo servizio online per la
Comunicazione di Variazione e Cessazione, accessibile dal Menu
Servizionline/Servizi al cittadino/Lavoratori domestici del portale Inps.
La comunicazione ha efficacia anche nei confronti dei Servizi competenti,
del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali,
dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(Inail), nonché della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo.
Trattamento di fine rapporto
Quando cessa il rapporto di lavoro, per licenziamento o per dimissioni, il
lavoratore domestico ha sempre diritto alla liquidazione, anche se il lavoro
è precario, saltuario e di poche ore a settimana. Ciò anche nel caso di
risoluzione del rapporto di lavoro durante il periodo di prova.
Per calcolare le somme dovute a titolo di trattamento di fine rapporto,
bisogna tenere conto della retribuzione mensile, della tredicesima e, per il
lavoratore che consuma due pasti al giorno e dorme in casa, dell'indennità
sostitutiva del vitto e dell'alloggio.
I calcoli variano a seconda del periodo a cui si riferisce il servizio.
Occorre distinguere tre periodi, ai quali corrispondono tre diverse modalità
di calcolo del trattamento di fine rapporto (TFR):
Il primo periodo arriva fino al 31 maggio 1982;
il secondo periodo va dal 1° giugno 1982 al 31 dicembre 1989;
il terzo periodo dal 1° gennaio 1990 in poi.
La liquidazione frazionata
La legge consente che il TFR sia pagato ogni anno, se richiesto dal
lavoratore o dal datore di lavoro con il consenso dell’altro.
In ogni caso, la legge prevede che dopo otto anni di servizio il lavoratore
abbia diritto ad un anticipo pari al 70 % del TFR maturato.
CONTRIBUTI E AGEVOLAZIONI FISCALI
In seguito all’iscrizione, l'Inps provvede ad aprire una posizione
assicurativa in favore del lavoratore domestico ed invia al datore di lavoro
un blocchetto di bollettini di conto corrente postale per il versamento dei
contributi dovuti.
Il contributo è legato alla paga effettiva oraria.
Gli elementi che compongono la paga oraria sono:
la retribuzione oraria di fatto concordata tra le parti;
il valore convenzionale del vitto e alloggio, ripartito in misura oraria.
la tredicesima mensilità (gratifica natalizia) ripartita in misura oraria.
Agevolazioni fiscali
Il datore di lavoro che versa regolarmente all’Inps i contributi per colf o
assistenti familiari può usufruire di agevolazioni fiscali relative ai
contributi versati.
Colf:
Il datore di lavoro può dedurre dal proprio reddito, per un importo massimo
di 1.549,37 euro l’anno, i contributi previdenziali obbligatori versati per
la colf.
A tal fine è tenuto a conservare le ricevute dei bollettini Inps.
L’importo massimo deducibile è fisso e non varia in base ai redditi
dichiarati.
Assistente familiare:
Il datore di lavoro può detrarre dall’imposta lorda il 19% delle spese
sostenute per gli addetti all’assistenza di persone non autosufficienti, per
un importo massimo di 2.100 euro l’anno. La detrazione spetta al soggetto
non autosufficiente o ai familiari che sostengono la spesa.
Per poter usufruire di questa agevolazione sono necessari:
il certificato medico, rilasciato da un medico specialista o generico, che
attesti la condizione di non autosufficienza, da esibire a richiesta
dell’amministrazione finanziaria;
le ricevute delle retribuzioni erogate, firmate dall’ assistente familiare.
Si può usufruire di tale detrazione se il reddito complessivo non supera
40.000 euro.
La deduzione fiscale per la colf si può sommare alla detrazione prevista per
l’ assistente familiare, e viceversa.
MALATTIA
Cosa deve fare il lavoratore
Il lavoratore deve avvertire immediatamente il datore di lavoro, salvo cause
di forza maggiore o impedimenti, entro l’orario previsto per l’inizio della
prestazione lavorativa; successivamente, il lavoratore deve far pervenire al
datore di lavoro, entro due giorni dal rilascio, il certificato medico
rilasciato entro il giorno successivo all’inizio della malattia.
Cosa deve fare il datore di lavoro
Se il lavoratore domestico si assenta dal lavoro per malattia, l'Inps non
paga alcuna indennità.
Quando è ammalato, il lavoratore domestico, convivente o non convivente, ha
diritto alla conservazione del posto, per periodi differenti secondo
l’anzianità maturata presso la stessa famiglia:
10 giorni, per anzianità fino a sei mesi;
45 giorni, se ha più di sei mesi e fino a due anni di servizio;
180 giorni, se l'anzianità di servizio supera i due anni.
Oltre alla conservazione del posto di lavoro, il datore di lavoro deve
garantire il pagamento della metà del salario pattuito per i primi tre
giorni e del salario intero per i giorni successivi, fino a un massimo di:
8 giorni, per anzianità fino a sei mesi;
10 giorni, per anzianità da sei mesi a due anni;
15 giorni, per anzianità superiori a due anni.
Negli eventuali giorni di ricovero ospedaliero o di degenza presso il datore
di lavoro, al lavoratore non spetta l'indennità di vitto e di alloggio.
INFORTUNIO O MALATTIA PROFESSIONALE
Cosa deve fare il datore di lavoro
Se il lavoratore resta vittima di un infortunio durante lo svolgimento del
lavoro domestico, il datore di lavoro, dopo aver adempiuto al dovere civico
del primo soccorso, deve denunciare l’incidente all’Istituto Nazionale
contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail), secondo le seguenti modalità:
entro le 24 ore e telegraficamente per gli infortuni mortali;
entro due giorni dalla ricezione del certificato di infortunio, per gli
eventi pronosticati non guaribili in tre giorni;
entro gli stessi termini deve presentare una denuncia all’autorità di
Pubblica Sicurezza;
deve corrispondere la retribuzione globale di fatto per i primi tre giorni
di assenza;
deve conservare il posto di lavoro per un numero di giorni relativamente
all’anzianità di servizio:
- 10 giorni, per anzianità fino a sei mesi;
- 45 giorni, se ha più di sei mesi e fino a due anni di servizio;
- 180 giorni, se l'anzianità di servizio supera i due anni.
Per indicazioni sui riferimenti normativi e sulle modalità per la denuncia
dell’infortunio:
http://www.inail.it/assicurazione/denunciainfortunioindex.htm
Per scaricare il modulo:
http://www.inail.it/assicurazione/modulistica/moduliprestazioni/Mod117Prest.pdf
Cosa deve fare il lavoratore
Il lavoratore deve controfirmare il modulo di denuncia infortunio che il
datore avrà predisposto per ottenere, a secondo dei casi, le seguenti
prestazioni dall’INAIL.
MATERNITA'
Informazioni generali
Quando la lavoratrice domestica è in gravidanza scattano le garanzie a
tutela della maternità. Durante il periodo di astensione obbligatoria
previsto dalla legge la lavoratrice ha diritto a conservare il posto di
lavoro, all’astensione dal lavoro e ad una indennità sostitutiva della
retribuzione.
Dall'inizio della gestazione fino al momento della astensione obbligatoria
dal lavoro, la lavoratrice può essere licenziata solo per mancanze gravi che
non consentono la prosecuzione del rapporto, nemmeno in via provvisoria.
La tutela non è imposta dalla legge ma dal contratto collettivo.
Verificare:
- durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
- durante il periodo che va dalla data presunta a quella effettiva del
parto;
- durante i tre mesi successivi al parto.
Di recente è stata introdotta la cosiddetta flessibilità dell’astensione
obbligatoria che consente alla lavoratrice di ritardare il periodo di
assenza obbligatoria fino a un mese prima della data presunta del parto, e
fino a quattro mesi dopo la nascita del bambino.
L'indennità di maternità
Durante il periodo di assenza obbligatoria la lavoratrice ha diritto
all'indennità di maternità pagata dall'Inps, pari all'80 % del salario
convenzionale sul quale sono versati i contributi orari. Nel calcolo
dell'indennità sono considerati solo i periodi di lavoro svolti come
lavoratrice domestica. Le lavoratrici domestiche hanno diritto alla tutela
economica della maternità solo se:
nei 24 mesi precedenti il periodo di astensione obbligatoria risultano
versati a loro carico (o dovuti) 52 contributi settimanali, anche se
relativi a settori diversi da quello del lavoro domestico;
o, in alternativa
nei 12 mesi precedenti l'inizio dell'astensione obbligatoria risultano
versati a loro carico (o dovuti) almeno 26 contributi settimanali, anche in
settori diversi da quello del lavoro domestico.
L’assegno di maternità dello Stato
Spetta alle madri residenti, cittadine italiane, comunitarie o
extracomunitarie in possesso del 'permesso CE per soggiornanti di lungo
periodo’, per ogni figlio nato, adottato, o in affidamento preadottivo.
L'assegno spetta se la madre:
si è dimessa volontariamente dal lavoro durante la gravidanza ed abbia
almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo compreso fra i 18 e i 9 mesi
precedenti la nascita del bambino (o il suo inserimento in famiglia, nel
caso di adozione o affidamento);
precedentemente ha avuto diritto ad una prestazione dell'Inps (ad esempio
per malattia o disoccupazione) per aver lavorato almeno tre mesi, purché tra
la data della perdita del diritto a prestazioni previdenziali e la data di
nascita o di ingresso del minore in famiglia non siano trascorsi più di nove
mesi.
La domanda deve essere presentata all’INPS entro 6 mesi dalla nascita o
dall’adozione o dall’affidamento pre-adottivo.
Se l’INPS non accoglie la domanda, questa viene automaticamente trasmessa al
comune territorialmente competente per fare ricevere al richiedente
l'assegno di maternità concesso dai Comuni.
Preleva i documenti necessari per l'assunzione di un lavoratore
domestico
DESTINAZIONE DEL T.F.R.
COS'E' IL T.F.R.
Il Trattamento di fine rapporto o liquidazione è la somma che viene
corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore dipendente al termine del
rapporto di lavoro, qualunque sia la causa che ne determina la cessazione.
Si tratta sostanzialmente di una retribuzione differita nel tempo, che
matura di anno in anno in relazione al lavoro prestato e all’ammontare della
retribuzione.
Come si calcola
Il Tfr si determina accantonando, per ciascun anno, una somma pari al 6,91%
della retribuzione lorda. Gli importi sono rivalutati, al 31 dicembre di
ogni anno, con l’applicazione di un tasso che viene determinato sommando un
coefficiente fisso, pari all’1,5%, ed uno variabile, pari al 75%
dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo fissato dall’Istat.
Anticipazioni
Dopo 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, il lavoratore
dipendente ha la facoltà di chiedere un anticipo sul Tfr, maturato fino a
quel momento, nella misura massima del 70%, per spese urgenti rigorosamente
documentate (spese sanitarie per terapie ed interventi straordinari
riconosciuti da strutture pubbliche, acquisto prima casa per sé o per i
figli). In caso di decesso del lavoratore, il Tfr accantonato è liquidato al
coniuge, ai figli e, se erano a suo carico, ai parenti entro il terzo grado
e agli affini entro il secondo. In mancanza di tali eredi, le indennità sono
attribuite secondo le norme della successione legittima.
COSA SONO I FONDI PENSIONE
I fondi pensione sono gli organismi che hanno lo scopo di erogare ai
lavoratori iscritti una pensione aggiuntiva rispetto a quella obbligatoria.
La normativa prevede che prima dell’adesione, al fine di tutelare gli
iscritti e di consentire una scelta meditata e consapevole, debba essere
consegnata la documentazione informativa (redatta in conformità alle
disposizioni emanate dalla Covip), riguardante in particolare i costi
complessivi connessi alla partecipazione al fondo pensione, le modalità di
gestione finanziaria, i rischi connessi all’investimento, i rendimenti
conseguiti. Gli iscritti hanno inoltre il diritto di ricevere informazioni,
con periodicità almeno annuale, sull’andamento della gestione complessiva
del fondo pensione nonché sull’ammontare della posizione individuale.
I fondi pensione, in base alle loro modalità istitutive, si distinguono in
fondi negoziali (o chiusi), fondi aperti, PIP di matrice assicurativa, fondi
pensione preesistenti.
Fondi negoziali o chiusi
Sono istituiti grazie ad accordi collettivi tra i lavoratori ed i datori di
lavoro. Possono rivolgersi ai lavoratori di una intera categoria
contrattuale oppure ai lavoratori di una impresa o di un gruppo di imprese
o, infine, ai lavoratori di un determinato territorio. Il fondo pensione
negoziale è un soggetto giuridico autonomo dotato di organi propri:
l’assemblea, gli organi di amministrazione e controllo, il responsabile del
fondo. Gli organi di amministrazione e controllo sono costituiti per metà
dai rappresentanti dei lavoratori iscritti e per l’altra metà dai
rappresentanti dei datori di lavoro. Per lo svolgimento di alcune attività,
il fondo pensione negoziale si avvale di soggetti specializzati ed esterni
alla sua struttura. Così, ad esempio, la gestione delle risorse finanziarie
è affidata a soggetti specializzati (banche, compagnie di assicurazione,
società di gestione del risparmio); le risorse del fondo sono depositate
presso la banca depositaria; le pensioni sono generalmente pagate da una
compagnia di assicurazione. L'attività dei fondi negoziali è regolata dalla
Covip, che approva lo statuto del fondo, cioè il documento in cui sono
elencate le caratteristiche e le regole di funzionamento.
Fondi aperti
Sono istituiti direttamente da banche, compagnie di assicurazione e società
di gestione del risparmio. L’adesione al fondo aperto può avvenire in forma
individuale o anche in forma collettiva, a seguito di accordi collettivi
anche aziendali. Il patrimonio del fondo deve essere separato e distinto
dall’attività più generale dell’organismo (banca, compagnia di assicurazione
o società di gestione del risparmio) che lo promuove. La Covip approva il
regolamento dei fondi aperti, cioè il documento che ne contiene le
caratteristiche e le regole di funzionamento.
Piani Individuali Pensionistici (PIP o FIP)
Sono forme pensionistiche individuali attuate mediante contratti di
assicurazione sulla vita. L’adesione avviene solo su base rigorosamente
individuale. Costituiscono patrimonio autonomo e separato dalla restante
attività delle compagnie di assicurazione. Anche in questo caso il
regolamento è sottoposto all’approvazione della Covip.
Forme pensionistiche preesistenti
Si tratta di fondi pensione che già operavano al momento della entrata in
vigore della prima normativa sui fondi pensione. Per questo motivo hanno
mantenuto, relativamente ad alcuni aspetti, una disciplina speciale. Anche i
fondi pensione preesistenti rientrano nell’ambito della vigilanza esercitata
dalla Covip.
QUANDO SCEGLIERE
Tutti i lavoratori dipendenti (con la sola eccezione dei lavoratori
domestici), in attività al 31 dicembre 2006, devono effettuare la scelta
sulla destinazione del Tfr entro il 30 giugno 2007. Tutti i lavoratori
dipendenti (con la sola eccezione dei lavoratori domestici), assunti dopo il
31 dicembre 2006, devono effettuare la scelta sulla destinazione del Tfr
entro sei mesi dall’assunzione.
COME SCEGLIERE
La scelta del lavoratore sulla destinazione del Tfr può essere effettuata in
modo esplicito oppure in modo tacito.
Modalità di scelta eplicita Compilazione dei moduli TRF1 o TFR2
Per esercitare la scelta sulla destinazione del Tfr bisogna utilizzare gli
appositi moduli (approvati con il Decreto del Ministro del Lavoro e della
Previdenza Sociale del 30 gennaio 2007). In particolare i lavoratori
dipendenti, già in attività al 31 dicembre 2006, devono compilare il modello
TFR1, mentre i lavoratori dipendenti assunti dopo il 31 dicembre 2006 devono
compilare il modello TFR2. Il modulo deve essere consegnato al lavoratore
dal suo datore di lavoro. Una volta compilato, deve essere restituito al
datore di lavoro, il quale è tenuto a rilasciare copia controfirmata per
ricevuta. I modelli TFR1 o TFR2 devono essere utilizzati anche se si sceglie
di mantenere il Tfr futuro presso il proprio datore di lavoro.
Le scelte possibili per i lavoratori dipendenti
I lavoratori dipendenti possono scegliere tra:
- conferimento del Tfr futuro ad una forma pensionistica complementare;
- mantenimento del Tfr in azienda.
Nel secondo caso, se si lavora presso un’azienda che occupa meno di 50
dipendenti, il Tfr futuro continua ad essere effettivamente accantonato
presso l’azienda. Se invece si lavora presso un’azienda con almeno 50
dipendenti il Tfr futuro è trasferito dall’azienda al Fondo della Tesoreria
dello Stato per l’erogazione del Tfr istituito presso l’Inps. Il Tfr versato
a questo fondo sarà amministrato con le identiche modalità con le quali è
gestito dal datore di lavoro.
In caso di conferimento esplicito del Tfr futuro ad una forma pensionistica
complementare si applicano regole diverse a seconda della situazione del
lavoratore.
Lavoratori di prima occupazione antecedente al 29 aprile 1993 che, alla data
del 31 dicembre 2006, non versano Tfr ad alcuna forma di previdenza
complementare.
Possono decidere di versare ad una qualsiasi forma di previdenza
complementare tutto il Tfr futuro oppure la percentuale prevista dagli
accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro. In mancanza di accordi
collettivi che dispongano in merito al conferimento del Tfr devono versare
almeno il 50% del Tfr futuro. La quota di Tfr futuro non conferita resta in
azienda oppure, in caso di azienda con almeno 50 dipendenti, viene versata
al Fondo della Tesoreria dello Stato per l’erogazione del Tfr istituito
presso l’Inps.
Lavoratori di prima occupazione antecedente al 29 aprile 1993 che, alla data
del 31 dicembre 2006, versano già una quota di Tfr a forme di previdenza
complementare.
Possono decidere di versare la restante quota (quella ancora disponibile) di
Tfr futuro alla forma pensionistica alla quale già aderiscono oppure di
mantenere immutata la situazione precedente. La quota di Tfr futuro non
conferita resta in azienda oppure, in caso di azienda con almeno 50
dipendenti, viene versata al Fondo della Tesoreria dello Stato per
l’erogazione del Tfr istituito presso l’Inps.
Lavoratori di prima occupazione successiva al 29 aprile 1993 che, alla data
del 31 dicembre 2006, non versano il Tfr a forme di previdenza
complementare.
Possono scegliere di conferire tutto il Tfr futuro ad una qualsiasi forma di
previdenza complementare oppure di mantenere il Tfr.
Lavoratori di prima occupazione successiva al 29 aprile 1993 che, alla data
del 31 dicembre 2006, versano già il Tfr a forme di previdenza
complementare.
Non devono effettuare alcuna scelta poiché hanno già destinato tutto il Tfr
alla forma pensionistica alla quale hanno aderito.
Modalità di scelta tacita Silenzio - assenso
Se entro il termine stabilito (30 giugno per i lavoratori già in attività al
31 dicembre 2006 oppure sei mesi dalla data di assunzione, se successiva al
31 dicembre 2006), il lavoratore non esprime alcuna indicazione sulla
destinazione del Tfr, il datore di lavoro trasferisce il Tfr futuro alla
forma pensionistica collettiva prevista dall’accordo aziendale oppure, in
mancanza di accordo aziendale, dagli accordi o contratti collettivi anche
territoriali. In presenza di più forme pensionistiche collettive, il datore
di lavoro trasferisce il Tfr futuro alla forma individuata con accordo
aziendale o, in mancanza di specifico accordo, alla forma alla quale abbia
aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. In assenza di una
forma pensionistica collettiva individuabile sulla base di questi criteri,
il datore di lavoro trasferisce il Tfr futuro ad un’apposita forma
pensionistica complementare istituita presso l’Inps, denominata FondInps,
alla quale si applicano le stesse regole di funzionamento delle altre forme
di previdenza complementare.
I fondi pensione che ricevono il Tfr per effetto della modalità di scelta
tacita (o silenzio assenso) devono investire le risorse nella linea a
contenuto più prudenziale. Ciò per ottenere nel medio-lungo periodo un tasso
di rendimento comparabile a quello del Tfr e, comunque, con modalità tali da
garantire almeno la restituzione del capitale versato dopo un determinato
periodo anche al verificarsi di determinati eventi quali ad esempio il
pensionamento, l’invalidità permanente, l’inoccupazione per un periodo
superiore a 48 mesi.
Che succede se si decide di lasciare il Tfr in azienda
Se il lavoratore decide di lasciare il Tfr in azienda (ricordiamo che in
questo caso, qualora si tratti di aziende con almeno 50 dipendenti, il Tfr
viene versato al Fondo della Tesoreria dello Stato presso l’Inps) sceglie di
mantenere il Tfr con tutte le sue attuali caratteristiche. Restano pertanto
uguali le modalità di rivalutazione, le possibilità di ottenere
anticipazioni, la modalità di pagamento al momento della cessazione del
rapporto di lavoro.
Che succede in caso di adesione ai fondi pensione
Prestazione sotto forma di complementare
Il versamento del Tfr e degli eventuali altri contributi presso i fondi
pensione dà luogo, al raggiungimento dei requisiti, alla liquidazione di una
pensione aggiuntiva a quella obbligatoria. La pensione complementare si
ottiene quando si maturano i requisiti di legge per la pensione pubblica, di
vecchiaia o di anzianità, purché si siano cumulati almeno 5 anni di
partecipazione nel fondo pensione. L’iscritto può ottenere la pensione
complementare con un anticipo massimo di 5 anni rispetto alla pensione
obbligatoria, nei casi di non occupazione superiore a 48 mesi e di
invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a
meno di un terzo. In caso di decesso prima che si raggiunga il diritto alla
pensione complementare, l’intera posizione è versata agli eredi o alle
persone che il titolare ha indicato per iscritto.
Prestazione sotto forma di capitale
Il lavoratore può anche scegliere di farsi liquidare il capitale accumulato.
Questo, però, non può essere liquidato interamente, ma solo fino ad un
massimo del 50% del montante finale accumulato, mentre il restante 50% verrà
comunque corrisposto come pensione. La pensione potrà essere percepita
interamente in capitale solo se:
convertendo in rendita almeno il 70% del montante finale, la pensione
risulterà inferiore al 50% dell’assegno sociale;
il lavoratore è un vecchio iscritto, ossia è iscritto a forme di previdenza
complementare prima del 29 aprile 1993.
Anticipazioni
Analogamente a quanto avviene con il Tfr lasciato in azienda, in alcuni casi
e ricorrendo particolari condizioni, possono essere richieste anticipazioni
della posizione maturata nei Fondi Pensione. Le anticipazioni possono essere
richieste:
in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75%, per spese
sanitarie per gravissime situazioni personali, del coniuge o dei figli, o
per terapie e interventi straordinari certificati da pubbliche autorità (la
tassazione, al netto dei redditi già assoggettati a imposta, avviene con una
ritenuta del 15%);
dopo 8 anni di iscrizione, per un importo non superiore al 75%, per
l’acquisto della prima casa per sé o per i figli, per interventi di
ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento restauro o
ristrutturazione (in questi casi la tassazione, al netto dei redditi già
assoggettati a imposta, avviene con una ritenuta del 23%);
dopo 8 anni di iscrizione, per un importo non superiore al 30%, per
ulteriori esigenze (la tassazione è uguale a quella prevista per la prima
casa).
Le anticipazioni possono essere reintegrate, a scelta dell’iscritto, in
qualunque momento.
Si può cambiare fondo
Dopo due anni di iscrizione, chi aderisce a un fondo può trasferire l’intera
posizione presso un’altra forma pensionistica complementare, collettiva o
individuale. In questo caso, però, se ci si trasferisce da un fondo pensione
negoziale ad una forma individuale si perde il diritto all’eventuale
contributo del datore di lavoro a meno che il mantenimento di tale diritto
non sia previsto esplicitamente dagli accordi o contratti collettivi
applicati al rapporto di lavoro. Anche chi cambia settore di attività
lavorativa può trasferire la propria posizione individuale.
Si può riscattare
L’iscritto che perde il diritto all’iscrizione al fondo, per perdita dei
requisiti di partecipazione, in alternativa al trasferimento della
posizione, può chiedere, in alcuni casi previsti dalla riforma, la
restituzione parziale o totale della posizione maturata. La posizione può
anche essere mantenuta nel fondo senza il versamento di ulteriori
contribuzioni.
Il riscatto è consentito nella misura del 50% in caso di disoccupazione di
durata fra 12 e 48 mesi o in caso di mobilità o cassa integrazione.
L’iscritto può richiedere il riscatto totale nei casi di disoccupazione
superiore a 48 mesi o invalidità permanente che comporti la riduzione della
capacità di lavoro a meno di un terzo.
Il riscatto immediato per perdita dei requisiti di partecipazione è
possibile nel caso di adesione a forme collettive, ove sia previsto dallo
statuto. In tal caso la tassazione è tuttavia meno favorevole rispetto ai
casi già citati poiché si applica l’aliquota del 23% anziché del 15%. Nel
caso di decesso, prima che si raggiunga il diritto alla prestazione
pensionistica, l’intera posizione è riscattata dagli eredi o dai diversi
beneficiari indicati dall’iscritto.
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DETRAZIONI INPS E INPDAP
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RAVVEDIMENTI OPEROSI
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DETRAZIONI DEL 36% E DEL 55%
RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE (36%)
Chi sostiene spese per i lavori di ristrutturazione edilizia fino al 31
dicembre 2012 può fruire della detrazione d’imposta Irpef pari al 36%.
Inoltre, per le prestazioni di servizi relative agli interventi di recupero
edilizio, di manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzati sugli
immobili a prevalente destinazione abitativa privata, si applica l’aliquota
Iva agevolata del 10%.
L’agevolazione Iva, a differenza di quanto previsto per la detrazione Irpef
del 36%, non ha alcun termine di scadenza.
Attenzione:
a partire dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del Dl 98/2011,
l’aliquota della ritenuta d’acconto, trattenuta dalle banche o dalle poste
sui bonifici incassati da chi esegue lavori di ristrutturazioni edilizie, è
del 4%. Nel caso in cui le banche e poste Italiane SPA, abbiano continuato
ad applicare l’aliquota del 10 % per motivi legati all’aggiornamento dei
software, potranno accreditare direttamente al beneficiario del bonifico la
differenza del 6% trattenuta in eccesso.
Condizioni per chiedere la detrazione
Le principali condizioni per fruire dell’agevolazione sono:
- il limite massimo di spesa sul quale calcolare la detrazione è di 48.000
euro per unità immobiliare (ad esempio, marito e moglie cointestatari di
un’abitazione possono calcolare la detrazione sull’ammontare complessivo di
spesa di 48.000 euro)
- la detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo;
tuttavia, per gli interventi effettuati da persone di età non inferiore
rispettivamente a 75 e 80 anni, proprietari o titolari di un diritto reale
sull’immobile, la detrazione può essere ripartita rispettivamente in cinque
e tre anni
se l’intervento è la prosecuzione di lavori relativi alla stessa unità
immobiliare iniziati successivamente al 1° gennaio 2002, per la verifica del
limite massimo delle spese detraibili (48.000 euro) occorre tener conto
delle spese già sostenute
L’obbligo di indicare in fattura il costo della manodopera è stato soppresso
dal decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011.
Attenzione
La detrazione spetta anche per l’acquisto di immobili ristrutturati da
imprese di costruzione o ristrutturazione o da cooperative.
L’agevolazione è applicabile agli edifici ristrutturati entro il 31 dicembre
2012 ed acquistati/assegnati entro il 30 giugno 2013.
I lavori per i quali spettano le agevolazioni fiscali sono quelli elencati
nell’articolo 3 del Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia, approvato con Dpr 6 giugno 2001, n. 380 -
pdf.
In particolare, la detrazione Irpef riguarda le spese sostenute per eseguire
gli interventi di manutenzione straordinaria, le opere di restauro e
risanamento conservativo e i lavori di ristrutturazione edilizia per i
singoli appartamenti e per gli immobili condominiali.
Gli interventi di manutenzione ordinaria danno diritto alla detrazione Irpef
solo se riguardano le parti comuni di edifici residenziali.
La detrazione spetta, inoltre, per:
- l’eliminazione delle barriere architettoniche, aventi a oggetto ascensori
e montacarichi (ad esempio, la realizzazione di un elevatore esterno
all’abitazione)
- la realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la
robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia adatto a
favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone
portatrici di handicap gravi (articolo 3, comma 3, della L. 104/1992)
- l’adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio del compimento di
atti illeciti da parte di terzi
- l’esecuzione di opere volte a evitare gli infortuni domestici.
A chi spetta
Possono beneficiare dell’agevolazione non solo i proprietari ma anche i
titolari di diritti reali sugli immobili per i quali si effettuano i lavori
e che ne sostengono le spese. In particolare, hanno diritto alla detrazione:
- il proprietario o il nudo proprietario
- il titolare di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o
superficie)
- l’inquilino o il comodatario
- i soci di cooperative divise e indivise
- i soci delle società semplici
- gli imprenditori individuali, solo per gli immobili che non rientrano fra
quelli strumentali o merce.
La detrazione spetta anche al familiare (coniuge, parenti entro il terzo
grado, affini entro il secondo grado) convivente del possessore o detentore
dell’immobile, purché sostenga le spese e le fatture e i bonifici risultino
intestati a lui. L’agevolazione spetta anche se le abilitazioni comunali
sono intestate al proprietario dell’immobile e non al familiare che
beneficia della detrazione.
La condizione di convivente o comodatario deve sussistere al momento
dell’invio della comunicazione di inizio lavori.
Quando si stipula un contratto preliminare di vendita (compromesso),
l’acquirente dell’immobile ha diritto alla detrazione se è stato immesso nel
possesso del bene e se esegue gli interventi a suo carico. In questo caso,
occorre che il compromesso sia stato registrato e che l’acquirente indichi
gli estremi della registrazione nel modulo di inizio lavori.
Ha diritto alla detrazione anche chi esegue i lavori in proprio, soltanto,
però, per le spese di acquisto dei materiali utilizzati.
Per usufruire della detrazione, è necessario:
- inviare all'Azienda sanitaria locale competente per territorio, prima di
iniziare i lavori, una comunicazione con raccomandata A.R., tranne nei casi
in cui le norme sulle condizioni di sicurezza nei cantieri non prevedono
l’obbligo della - notifica preliminare alla Asl
- pagare le spese detraibili tramite bonifico bancario o postale, da cui
devono risultare la causale del versamento, il codice fiscale del soggetto
che paga e il codice fiscale o numero di partita Iva del beneficiario del
pagamento.
Per usufruire della detrazione è sufficiente indicare nella dichiarazione
dei redditi i dati catastali identificativi dell'immobile e, se i lavori
sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell'atto che ne
costituisce titolo e gli altri dati richiesti per il controllo della
detrazione. Occorre, inoltre, conservare ed esibire a richiesta degli uffici
i documenti che saranno indicati in apposito Provvedimento del Direttore
dell'Agenzia delle Entrate. L'obbligo dell'invio della comunicazione di
inizio lavori è stato soppresso dal decreto legge n° 70 del 13 maggio 2011
RIQUALIFICAZIONE ENRGETICA (55%)
Gli interventi di riqualificazione energetica di edifici già esistenti danno
diritto a una detrazione Irpef pari al 55 per cento delle spese sostenute
entro la fine del 2011.
La detrazione spetta per le spese sostenute, e rimaste a carico del
contribuente (per es. non incentivati dal Comune) per:
- interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, che
ottengono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la
climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20% rispetto ai valori
riportati in un’apposita tabella (i parametri cui far riferimento sono
quelli definiti con decreto del ministro dello Sviluppo economico dell’11
marzo 2008, così come modificato dal decreto 26 gennaio 2010). Il valore
massimo della detrazione è pari a 100.000 euro
interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità
immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache
orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi, fino a
un valore massimo della detrazione di 60.000 euro. La condizione per fruire
dell’agevolazione è che siano rispettati i requisiti di trasmittanza termica
U, espressa in W/m2K, in un’apposita tabella (i valori di trasmittanza,
validi dal 2008, sono stati definiti con il decreto del ministro dello
Sviluppo economico dell’11 marzo 2008, così come modificato dal decreto 26
gennaio 2010). In questo gruppo rientra anche la sostituzione dei portoni
d’ingresso, a condizione che si tratti di serramenti che delimitano
l’involucro riscaldato dell’edificio verso l’esterno o verso locali non
riscaldati e risultino rispettati gli indici di trasmittanza termica
richiesti per la sostituzione delle finestre
- l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per
usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda
in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici
e università. Il valore massimo della detrazione è di 60.000 euro
- interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con
impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del
sistema di distribuzione. La detrazione spetta fino a un valore massimo di
30.000 euro. Dal 1° gennaio 2008 l’agevolazione si applica anche alle spese
relative alla sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con
pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa
entalpia.
Come e quando
Le detrazioni devono essere ripartite nel modo seguente:
- per le spese sostenute nel 2007, in tre quote annuali di pari importo
- per le spese sostenute nel 2008, in minimo tre e massimo dieci quote
annuali di pari importo, a scelta irrevocabile del contribuente operata
all’atto della prima detrazione
- per le spese sostenute dal 1 gennaio 2009 al 31 dicembre 2010, in cinque
rate annuali di pari importo
- per le spese che saranno sostenute nel 2011 sarà obbligatorio ripartire la
detrazione in dieci rate annuali.
Per ottenere la detrazione:
- è necessaria l’asseverazione di un tecnico abilitato
- il pagamento deve essere effettuato con bonifico bancario o postale
- per la riqualificazione di edifici esistenti è necessario acquisire la
certificazione energetica dell’immobile, qualora introdotta dalla Regione o
dall’ente locale, ovvero, negli altri casi, di un “attestato di
qualificazione energetica”, predisposto da un professionista abilitato
- bisogna trasmettere all’Enea, entro 90 giorni dal termine dei lavori e con
modalità telematiche, la scheda informativa degli interventi realizzati e,
in alcuni casi, una copia dell’attestato di qualificazione energetica. Non
vanno inviate all’Enea asseverazione, relazioni tecniche, fatture, copia di
bonifici, piantine, documentazione varia
- per le spese sostenute dal 2009, qualora i lavori necessari a realizzare
gli interventi proseguano in più periodi d’imposta, è necessario comunicare
all’Agenzia delle Entrate le spese effettuate nei periodi d’imposta
precedenti. La comunicazione va presentata in via telematica, direttamente
dai contribuenti interessati o tramite gli intermediari abilitati, entro 90
giorni dal termine del periodo d’imposta. Non occorre, quindi, presentare
alcuna comunicazione all’Agenzia quando i lavori iniziano e si concludono
nello stesso periodo d’imposta.
Si ricorda, infine, che la detrazione del 55% non è cumulabile né con altre
agevolazioni fiscali previste per gli stessi interventi (ad esempio, la
detrazione del 36% per le ristrutturazioni edilizie) né con ulteriori
contributi comunitari, regionali o locali (Risoluzione n. 3 del 26/01/2010)
Attenzione
a partire dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del Dl 98/2011,
l’aliquota della ritenuta d’acconto, trattenuta dalle banche o dalle poste
sui bonifici incassati da chi esegue lavori di ristrutturazioni edilizie, è
del 4%. Nel caso in cui le banche e poste Italiane SPA, abbiano continuato
ad applicare l’aliquota del 10 % per motivi legati all’aggiornamento dei
software, potranno accreditare direttamente al beneficiario del bonifico la
differenza del 6% trattenuta in eccesso
Scarica qui il modello per la detrazione del 36%
Scarica qui il modello per la detrazione
fiscale del 55%